Doping e passaporto biologico: squalificato il primo maratoneta
La vita e fatta di coincidenze. E così nel giorno in cui viene annunciata una massiccia campagna antidoping che accompagnerà le tappe del Giro d’Italia al via sabato arriva anche la notizia della prima squalifica di un maratoneta per i controlli fatti sul suo passaporto biologico. Dalla “borraccia trasparente” del ciclismo allo stop di quattro anni per il portoghese Helder Ornelas il passo è breve. Anzi brevissimo. E’ un filo rosso con cui lo sport sta cercando di legare le mani a chi bara. E così il 38enne maratoneta portoghese che nel 2005 vinse a Milano e nel 2007 a Praga finisce nelle maglie di un controllo che molti sport stanno provando ad adottare e molti altri dovrebbero invece adottare. Con il passaporto biologico vengono monitorati i cambiamenti dei valori ematici di un atleta. E se non si può ancora certo dire che “non si scappa” comunque per chi vuol usare scorciatorie questa è una seccatura in più. E’ come un antifurto che si mette alla ruota di una moto: non è che non te la fregano, però devono fare un po’ di fatica. La IAAF ha squalificato Ornelas per quattro anni secchi e il portoghese ha stabilito un record di cui però non potrà andar fiero: è il primo maratoneta sospeso per doping dopo l’analisi del suo passaporto biologico. Il suo profilo sanguigno aveva infatti presentato un’alterazione considerata anormale nel maggio del 2011, e la federazione internazionale,aveva segnalato l’accaduto alla federazione portoghese affinchè si occupasse di questo caso. E oggi c’è la sentenza. Che è un bel passo avanti secondo me. Nel ciclismo i controlli incrociati sangue-urine e il passaporto biologico hanno dato una bella mano a smascherare i bari e, soprattutto, hanno agito come deterrente. Negli altri sport potrebbe succedere la stessa cosa. «Il passaporto biologico non è un concetto campato per aria, ma un metodo effettivo, ed efficace, per identificare e mettere fuori chi bara e pensa che il doping sia l’unica strada per il successo», ha commentato il presidente della Iaaf Lamine Diack. Il passaporto biologico è infatti un profilo genetico dell’atleta. Una volta realizzato un test-base di sangue, questo servirà poi come riferimento per gli altri esami. Quindi nel caso di variazioni o anomalie, l’atleta verrà messo sotto inchiesta per individuare la causa dell’alterazione. Nel caso non sia possibile, verrà giudicato per uso di doping. La Wada, agenzia mondiale dell’antidoping, ha approvato questo metodo nel 2009. E funziona.