Maratona delle Dolomiti, pedalate di gloria…
Più di trentamila richieste ma alla fine, anzi all’inizio ( cioè al via) saranno in 9mila 924 non uno di più. Numero chiuso, blindato. E chissà se il mito della Maratona delle Dolomiti, quella che si scrive col “dles” e si corre in bici, si sia costruito anche un po’ intorno a questo. Perchè spesso ciò che non si riesce ad avere è ciò che si desidera di più. Bella è impossibile come una dream car, la donna dei sogni, una bici in carbonio come quella dei “pro”… Non proprio ma quasi perchè la più famosa della GranFondo in bicicletta che domenica primo luglio festeggerà la sua 26ma edizione è davvero il sogno nel cassetto di tanti cicloamatori. E’ il fascino della Val Badia. E’ la magia delle Dolomiti. E’ la storia del ciclismo che ti scorre sotto i pedali e che per un giorno puoi provare a scrivere. Pordoi, Sella, Campolongo, Falzarego, Gardena, Valparola e Giau sono i passi del Giro e ognuno ha una leggenda, un volto, un’impresa da raccontare. Ma il copione è sempre lo stesso. Da sempre. Partenza da La Villa alle 6.30 quando in montagna fa freddo anche d’estate e non bastano guanti e mantellina. E arrivo a Corvara molte ore dopo stanchi e felici, che sarà anche un modo di dire, ma qui ha davvero tutto un altro significato. Tre i percorsi : lungo di 138 km e 4190 m di dislivello, medio di 106 km e 3090 m di dislivello e Sella Ronda di 55 km e 1780 m di dislivello. Tre percorsi e tanta fatica. Sempre. Perchè quella bici che la sera prima ha dormito con te nella tua stanza d’albergo, quella bici che ti sei coccolato, lucidato, ammirato non ti farà sconti. Da oggetto di desiderio a strumento di tortura in un amen. Ma è anche su questo che si costruisce un mito. Un mito non solo italiano anche se sono quasi 4mila e 800 gli “azzurri” al via, ovviamente da ogni angolo del Belpaese. Un mito che parla straniero. E parecchio. Soprattutto tedesco ed olandese ma anche malese, indiano, russo, brasiliano, argentino, neozelandese e sudafricano. Anche se poi, quando la strada comincia a salire, non ci sarà più molto da dire, tutti parleranno la stessa lingua e il “rumore” delle voci lascerà il posto al fruscio delle biciclette. All’applauso delle famiglie, dei figli, dei tanti che si fermeranno affascinati a guardare sfilare il gruppo. E i vip. Molti e ogni anno di più perchè la maratona delle Dolomiti è ormai una di quelle gare dove è importante esserci, tipo New York per chi corre a piedi. E così tutti col pettorale. Da Antonio Rossi a Iuri Chechi a Maria Canins a Christian Zorzi a Fabrizio Ravanelli . Da Linus a Nicola Savino a Jarno Trulli, a Corrado Sciolla, a Mario Greco a Rodolfo De Benedetti a Fausto PInarello a Peter Thun a Gian Luigi Rana a Paolo Garimberti a Gianfranco Comanducci. Ma al via quest’anno ci sarà anche Miguel Indurain, uno che con la bici da queste parti ci è già passato, ha faticato e ha vinto. Certo, aveva qualche anno e qualche chilo in meno. Ma per chi ha scritto la storia del ciclimo questi sono inutili dettagli…