Il Giro di Svizzera? Con la Graziella
Tanti anni fa , davvero tanti anni fa, c’erano due bici per pedalare: la Roma Sport e la Graziella. La prima era l’antesignana della Mtb, una saltafoss come la chiamavano tutti. Sella lunga, un mollone sull’anteriore che serviva da ammortizzatore, ruote un po’ più larghe, assetto sportivo e freno posteriore a pedale. Un lusso che non tutti i ragazzini di allora si potevano permettere. Così chi risuciva ad avere una Roma Sport scialava un bel po’. Agli altri restava la Graziella. Un mito a due ruote. Ognuno la “metteva giù” come meglio credeva. C’era chi le abbassava lo sterzo come fosse una bici da corsa, chi le toglieva i parafanghi a mo’ di fuoristrada, chi per farsela più leggera eliminava anche il carterino dela catena. Quasi tutti dopo i primi graffi e le prime cadute la riverniciavano e quasi tutti mettevano una cartolina fissata con una molletta tra i raggi della ruota anteriore per scimmiottare il rumore del motorino. Ma la Graziella restava fondamentalmente una Graziella. Cioè una robustissima bici da passeggio perfetta per trasportare anche un secondo passeggero che saliva in piedi sul portapacchi posteriore, ma a rapporto fisso e quindi poco adatta ai viaggi e alla velocità. C’era poco da andar lontano insomma. E proprio per questo mi ha colpito l’impresa di Mario Pistocchini , neo ingeggnere ventunenne diLuino , che proprio su una Graziella nei giorni scorsi è partito dalla sua città e, dopo aver attraversato la Svizzera è arrivato sul lago di Costanza in Germania. Quasi settecento chilometri in quattro giorni in sella ad una “Cigno seventy”. Non proprio una passeggiata considerando che da scalare c’erano anche salite come quella che da Airolo porta al San Gottardo e al San Bernardino. Ma è andata. Bene alla fine: “E’ stata veramente dura- ha raccontato Pistocchini al Corriere del Ticino– ma ne è valsa la pena. Quattro giorni fantastici in posti meravigliosi. E la sensazione di aver fatto qualcosa di speciale. Tant’è che il prossimo anno ci riprovo magari andando un po’ più lontano…”