Milano, il bluff delle piste ciclabili
A pensar male si fa peccato, diceva la buon’anima di Giulio Andreotti però qualche volta ci si azzecca. Non si sa se sia effettivamente così riguardo alla tante nuove piste ciclabili milanesi ma il dibattito sulla rete, che il popolo dei ciclisti alimenta con una serie di siti e di blog molto frequentati e cliccati, qualche sospetto lo avanza. Il Comune di Milano – si dibatte in rete – starebbe costruendo chilometri e chilometri di piste riservate alle biciclette per fare statistica, per consolidare una cifra che dimostri quanto concreta sia stata la svolta ambientalista nelle politiche di mobilità della città della nuova giunta arancione. Un fiore all’occhiello da potersi poi rivendere nella prossima campagna elettorale. In realtà qualche numero c’è già: l’obiettivo è quello estendere entro il 2015 la rete cittadina di piste e corsie ciclabili che oggi sfiora i 150 chilometri a 240. La nuova filosofia di Giuliano Pisapia e compagni è quella di voler far pedalare i milanesi, dichiarando guerra a tutto ciò che si muove a motore, facendo pagare costi altissimi a chi usa l’auto e rendendogli la vita sempre più difficile ad esempio tagliando i posteggi in centro. Così per convinzione o per necessità il popolo dei ciclisti cresce. Dallo scorso aprile i milanesi hanno a disposizione 1.892 nuovi posti per biciclette in rastrelliera e dallo scorso marzo sono aumentate inoltre del 45% le stazioni del bike sharing con una media di 4mila prelievi al giorno. Insomma la gente pedala. Però non sono tutte rose e fiori. Anzi. La denuncia più forte è quella di corsie costruite troppo in fretta, senza le necessarie garanzie di sicurezza, senza le strutture di protezione per separare il traffico delle auto da quello delle due ruote ma solo con «una mano di vernice gialla sull’asfalto». E così non va. Le piste ciclabili milanesi non sarebbero all’altezza di quelle di altre capitali europee dove la bici è cultura. Ma allora il discorso deve essere allargato. Perché, va detto, anche molti ciclisti milanesi non sono all’altezza dei «colleghi» delle altre capitali europee. E qui Palazzo Marino non ha colpe. Perché se è giusto pretendere corsie ciclabili ben fatte e sicure è altrettanto giusto che chi va in bici rispetti le regole del traffico come fa chi va in auto o in moto. Non ci sono alibi per chi viaggia contromano, sale sui marciapiedi o addirittura non rispetta i semafori. E succede spesso. Comunque il nodo delle piste costruite in città spesso senza una logica resta e le proteste in questi ultimi mesi si sono sollevate in diverse zone di Milano. A cominciare qualche mese fa da via Gallarate, una delle arterie più importanti per la viabilità milanese che collega la città con l’hinterland del settore nord-ovest, compresa la Fiera di Rho-Pero destinata a ospitare Expo. Al centro delle polemiche è il nuovo percorso che il Comune ha riservato alle biciclette, molto contestato nel quartiere. «La pista – riferiscono gli oppositori – è stata ottenuta ricavando sulla carreggiata una corsia per le bici e separando lo spazio ciclabile da quello carrabile con una semplice linea gialla. Ciò anzichè ridurre caos e smog li ha aumentati. L’ingorgo e i pericoli per chi usa la bici poi sono aggravati dai veicoli pesanti, molto frequenti su questa strada». Tema sicurezza a cui sono sensibili anche i residenti della zona di Bruzzano che contestano con tutte le forze la corsia riservata alle bici realizzata in via Aldo Moro, una strada ad alta velocità che parte (a est) dal cimitero di Bruzzano per diventare poi via Del Regno Italico dopo aver incrociato via Ornato, nei pressi di Bresso. «Strade ad alto scorrimento e molto trafficate – spiega chi abita in zona – dove la pista ciclabile andava costruita in sede propria e protetta e non semplicemente verniciata sulla carreggiata». Di fatto non la usa quasi nessuno perché il rischio per i ciclisti è alto e perché qui in realtà si pedala su una supertrada proprio a fianco del Parco Nord dove una pista si sarebbe potuta realizzare senza grosse difficoltà. E ancora proteste qualche mese fa erano arrivate sempre dai ciclisti di via Forze Armate per la nuova ciclabile disegnata sull’asfalto al posto dei posteggi delle auto. A rischio perché spesso si andava ad intromettere con le salite e le discese delle fermate Atm. Una vera e propria rivolta che aveva coinvolto anche i commercianti niente affatto contenti che le auto non potessero più fermarsi davanti alle loro attività. Non è finita. Insoddisfazione e proteste arrivano anche dalla zona 9. Sotto accusa è la pista che da viale Marche a viale Lunigiana collega piazzale Maciachini a via Melchiorre Gioia. Anche qui la preferenziale è semplicemente tracciata con doppia striscia gialla e bianca. Troppo poco su una via trafficatissima che la pista ha ulteriormente ristretto, senza dire poi che in alcuni tratti in prossimità degli incroci la corsia si interrompe per riprendere pochi metri più avanti. Infine l’ultimo progetto da piazza Firenze all’Arco della Pace. Nel grande viale alberato dovrebbero sorgere due ciclabili e un percorso pedonale al posto delle centinaia di auto che ogni giorno sostano sulle aiuole. Lo chiedono molti cittadini che hanno già raccolto più di un migliaio di firme a favore del progetto. Tutti gli altri per il momento tacciono.