Otztaler radmarathon, il tormento (e l’estasi) della bici
Dura è dura. Anzi. Dicono sia la più terribile tra le granfondo che si pedalano sulle Alpi. Ma si sa come vanno queste cose. Uno si iscrive, macina salite su salite, chilometri su chilometri e poi magari ha anche la sfortuna di beccare la giornata storta perchè piove o nevica. E con questa estate non è che sia un’ipotesi così fantasiosa. E allora quando arriva al traguardo non riesce a credere che sia finita. Così quando la racconta un po’ esagera…Ma non va così per la Ötztaler Radmarathon. Chi l’ha fatta non se la dimentica più. E’ davvero una fatica anche per chi è abituato alla fatica. E di anno in anno è diventata anche una tradizione. Una classica. Di più. Una di quelle gare dove si fa la fila per entrare. Dove ci si mette in coda sperando di essere tra i “nominati”. Quest’anno 19mila righieste per quatromila posti. Un terno al Lotto. Una lotteria dove il premio è una dose di sofferenza per poter dire alla fine “io c’ero”. Valli a capire i ciclisti. Eppure il 31 agosto saranno tutti lì con la stessa idea in testa, con gli stessi occhi sbarrati, con le stesse gambe unte e depilate, con la stessa faccia di chi sa che il piacere dell’attesa è passato e sta per arrivare il conto. Che sarà dolce ma solo alla fine. Bisognerà guadagnarselo. Tutti in fila pronti a partire da 35 Paesi nel mondo che più internazionale di così è davvero impossibile. Tutti in fila a cominciare dai tedeschi trascinati da Jan Ullrich che in bici, al Tour, nonostante tutto ha scritto un pezzo di storia. E poi gli austriaci, tantissimi anche loro e noi, gli italiani, da 77 province quindi più rappresentati che mai. Da Solden a Solden 238 km con 5.500 metri di dislivello su strade chiuse in gran parte al traffico. Il sogno di ogni ciclista. Un infinito su e giù nella valle tirolese dell’Ötztal attraverso il Kühtai (2.020 m), proseguendo verso il Brennero (1.377 m), sconfinando in Italia a Vipiteno per godersi i passi del Giovo (2.090) e del Rombo (2.509 m) e poi fare ritorno a Sölden. Oltre 5.50 metri di dislivello con 95,7 km di salita e 101,9 km di discesa e solo 40 chilometri di pianura, il minimo sindacale. Tempo previsto oltre 7 ore ” di dura e incredibile fatica” dicono gli organizzatori. Che non è uno spot. Sette ore dove ci sarà tutto il tempo per soffrire, sudare, imprecare, riflettere e pensare. Oppure ripensarci. Ma il bello è tutto lì…