Il triathlon piange Linda Scattolin
Ci sono i pezzi che non vorresti mai scrivere perchè è sempre difficile raccontare la morte. Soprattutto quando ti coglie di sorpresa. Quando non te l’aspetti e non l’hai messa in conto. Difficile pensare che possa capitare nel pieno della tua età, mentre stai pedalando su una bici e la tua testa insegue sogni, gare, passioni. Non conoscevo Linda Scattolin, forte triatleta azzurra, padovana di 39 anni deceduta stamattina in Sudafrica. Non la conoscevo di persona, eravamo “amici” sui social ma questo conta poco. Nulla. Fixie, come la chiamavano tutti, domenica scorsa era stata investita da un bus a cui si erano rotti i freni sul Franschhoek Pass con l’altra campionessa azzurra, l’altoatesina Edit Niederfriniger. Edit ferita e acciaccata ce l’ha fatta, Linda dopo giorni di coma farmacologico in attesa di un delicato intervento di stabilizzazione alla spina dorsale, invece no. Non la conoscevo però doveva essere una tipa tosta nello sport ma anche nel lavoro come ricercatrice dell’Università di Padova. E un po’ l’ho capito leggendo quel fiume di messaggi che ha invaso i social e che facevano il tifo per lei, che le dicevano di non mollare, mai, come in gara, come ha sempre fatto. Una mobilitazione enorme, commovente. Quella di un movimento, di un popolo, di una famiglia che non ci ha voluto credere, che ha pregato, sperato, raccolto fondi per coprire e le altissime spese sanitarie, per permetterle di vincere la corsa della vita. Niente da fare. Ci sono gare segnate dal destino e dove nulla si può. Questa mattina il console italiano in Sud Africa ha comunciato ciò che nessuno voleva sapere. Un bollettino medico per spiegare che Linda, nonostante la sua smisurata determinazione, si è arresa. E arriva il momento in cui le parole non servono più.