Giusy Versace, una vittoria amara…
E’ un’altra vittoria. Ma Giusy Versace ne avrebbe sicuramente fatto a meno. Il Tribunale di Roma ha deciso di condannare l’Anas a risarcirle quasi un milione e mezzo di euro dopo che, nove anni fa in un incidente automobilistico sulla Salerno-Reggio Calabria, un guard rail entrò nell’abitacolo della sua auto e le tranciò entramnbe le gambe. Oggi questo diventa un punto nella sua vicenda. Ma c’è sempre un prima e un dopo. Lo schianto sulla Salerno-Reggio Calabria era una vita prima, un altro lavoro, la moda, probabilmente altri sogni. Ciò che è successo dopo fa parte di un’altra storia. Giusy è diventata un personaggio pubblico. Un simbolo indiscusso di forza di volontà e di estrema tenacia, un esempio per tante persone. Un esempio anche il suo sorriso. E’ stata la prima atleta italiana della storia a correre con un’amputazione bilaterale, vincendo prestigiosi titoli italiani ed Europei. Ma è ovvio che c’è un ma. C’è sempre e questa volta di più. E lo spiega lei: “Non esiste alcun risarcimento che potrà mai restituirmi le gambe e cancellare questi ultimi 10 anni nei quali, con tanto dolore, ho cercato di reinventarmi una nuova vita, guardare avanti e superare tutte le difficoltà fisiche e psicologiche che questa nuova condizione mi ha posto. E’ vero, sono diventata un simbolo di forza e coraggio, ma sono in pochi a sapere che dietro al mio sorriso si celano ferite profonde e indelebili. Purtroppo, quello che sono diventata, le vittorie che ho conquistato nell’atletica e l’atteggiamento positivo con cui mi rivolgo alla gente, mi è stato molto spesso rinfacciato da Anas in fase processuale. Come se io, dal 2005 ad oggi, avessi avuto solo il diritto di piangere e abbattermi. E invece, in questi anni ho capito che piangersi addosso non porta da nessuna parte, mentre aiutare gli altri e porsi nuovi traguardi mi ha dato la forza per rialzarmi. Oggi, posso solo ritenermi soddisfatta del fatto che finalmente è stata riconosciuta una colpa che spero possa, in futuro, evitare ad altri quello che è successo a me”.