marco-zaffaroniLa sua storia in Nepal continua. Ora più che mai. Marco Zaffaroni e rientrato ieri a Milano. Due settimane fa era rimasto bloccato sull’Himalaya quando una slavina, provocata dal terremoto che ha devastato il Paese, lo aveva fermato nel campo uno con il suo compagno di spedizione Roberto Boscato mentre si preparavano ad attaccare la vetta senza ossigeno. Poi la paura, il silenzio, lo stillicidio di notizie, le difficoltà di rassicurare chi era a casa, l’inzio di un incubo che fortunatamente è finito bene anche se con la morte nel cuore,  conoscendo qual è il suo legame col Nepal. Zaffaroni, che tutti i trialeti conoscono bene, era tornato in quelle terre per realizzare un sogno. E la sua spedizione infatti infatti era iniziata con una tappa per lui importante: la visita all’ospedale di Kalika dove con Mario Merelli, alpinista bergamasco scomparso nel 2012, aveva dato vita a un progetto a favore di una delle popolazioni più povere del Nepal. Costruire un ospedale in quel posto dimenticato perchè il 90% dei parti laggiù avviene in casa e la percentuale di madri che muoiono mettendo alla luce il proprio figlio è del 3% con una mortalità infantile che raggiunge il 50% nel primo anno di vita. Per ciò è nato l’ospedale di  realizzato da La Goccia ONLUS in collaborazione con Friesian Team. Per ciò Zaffaroni era tornato. Ora è a casa. Riprenderà le sue cose, riprenderà a far ciò che ha sempre fatto ma con un pensiero che continuerà a ronzargli nella mente. Come scrive sul suo blog ( https://everest2015instilegitante.wordpress.com/) e come ha premesso a Parajuli, il proprietario e fondatore della PrestigeAdventure l’agenzia a cui si affida da sempre per le sue spedizioni in alta quota: ” Parajuli sembra un po’ un mercante dedito alla tratta delle bianche dei libri del Salgari, e un po’ un trafficante internazionale d’oppio- scrive Zaffaroni– Ma è la persona di cui io in Nepal mi fido…  Senza di lui noi di ospedali a Kalika non ne avremmo mai costruiti. Mi ha  spiegato del terremoto, dove e quali sono le zone più colpite delle centinaia di villaggi completamente rasi al suolo e delle centinaia e centinaia di vittime nelle zone di pianura o media montagna, ad alta densita di popolazione e quelle frequentate da turisti. E se me lo dice lui ci credo più che a quelli della TV. Mi ha detto anche dell’entusiasmo con cui gli  aiuti internazionali stanno arrivando. Ma tra qualche mese del Nepal in tv e sui giornali non si parlerà più. Allora con “il” Parajuli sono rimasto d’accordo che un certo impegno nella seconda fase, quella della ricostruzione, ce lo metto o meglio ce lo mettiamo. Sono rimasto d’accordo con lui che nel giro di 4/6 settimane individua una situazione  in cui intervenire per la ricostruzione, magari una scuola, e me lo fa sapere…”. Il pensiero che “ronza” è questo qui. Per questo la storia di Marco Zaffaroni in Nepal continua. Per questo tornerà.

 

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