Al Giro la norma uccide la poesia
C’è il regolamento e poi c’è l’amicizia, Ci sono le norme e poi ci sono i gesti che fanno la poesia del ciclismo. C’è la ragione e c’è il cuore. Due mondi, due opposti, due strade che non si incontrano. Richie Porte fora a 6 chilometri dal traguardo della tappa che arriva a Forlì e resta a piedi. Giro addio perchè il gruppo va a sessanta all’ora e macina minuti. Così Simon Clarke lo affianca, si ferma e gli passa la sua ruota. Gli dà un mano a montarla e poi gli dà una spinta per ripartire quasi fosse il suo meccanico. Fantastico. Certo, sono tutti e due australiani, sono amici e probbailmente un altro non l’averbbe fatto. Ma uno corre per il Team Sky, l’altro per la Orica Greenedge. E aiutarsi tra compagni di squadre diverse non si può. Così sta scritto da qualche parte su qualche codice sportivo. Porte riparte, arriva al traguardo e limita i danni. Ma poi i giudici non hanno pietà: due minuti di penalità che fanno 3 minuti e 10 secondi di ritardo in generale. Giro finito? Forse no ma sicuramente molto più complicato. La regola spegne la poesia. La regola cancella un gesto di amicizia che costerà caro. La norma non conosce sentimento. E suona tutto come una beffa. Enorme. Nel giorno di una nuova calciopoli…