Giro del mondo e transiberiana? Si fanno in bici
C’è chi il giro del mondo lo ha fatto in 80 giorni e chi in 144. Però in bicicletta. Paola Gianotti, 34anni, un laurea in economia e commercio nel cassetto, per anni ha fatto la consulente finanziaria a Milano. Poi è tornata ad Ivrea, dov’è nata, per gestire un’impresa di formazione lavoro. Tutto a gonfie vele fino a due anni fa quando la crisi le ha un po’ sconbussolato i piani e la vita. O forse no. «Sì è un po’ così- racconta- Ho perso il lavoro e ho capito che era arrivato il momento di prendermi una pausa, di fare il viaggio che avevo sempre sognato…». Una passione nata da piccola, da quando con la sua famiglia girava l’Europa in camper, e continuata con lo sport dall’alpinismo al triathlon e ovviamente al ciclismo. Così chiusa l’azienda decide di partire. Ma non per «staccare», come farebbero in tanti. Pensa a un viaggio per entrare nel Guinnes dei primati: «Volevo fare un giro del mondo in bici. Ma volevo battere l’unica donna che ci aveva provato prima, una americana. Così ho contattato quelli che avrebbero dovuto omologare il record e poi l’ho detto ai miei gentori…». Che al momento non ci credono. Che la lasciano fare convinti che sarebbe passata. Invece no. Con tenacia Paola si mette a caccia di sponsor e trova una decina di aziende che credono nella sua sfida e che, soprattutto, le permettono di mettere insieme 45mila euro. «Era il minimo per garantirmi una spedizione con un camper al seguito. Così ho cominciato a pensare al percorso…». Che non finisce mai. Da Ivrea in Francia, Spagna. Portogallo. Poi l’Argentina, le Ande, il Cile, il Perù, San Francisco, Phoenix. E qui ci si ferma. Ma non per scelta. «E sì- racconta- A Phoenix sono stata investita da una macchina e mi si è incrinata una vertebra. Sono finita in ospedale ed è stata anche quella un’esperienza perchè la sanità americana è costosissima. Loro sono un Paese simbolo della democrazia ma in questo senso siamo molto più democratici noi…». Due mesi di stop e poi si riparte, sempre da Phoenix. In bici attraversa tutto il Nordamerica, l’Australia e poi Singapore, la Malesia, risalendo verso Trieste da Turchia e Montenegro. 144 giorni di viaggio pedalando per 29mila430 chilometri. Dormendo poco e mangiando molto: «Mangiavo ogni ora. Poi la sera cucinavamo sul camper. Nulla di improvvisato mi ha seguito un medico e anche dal punto di vista meccanico eravamo autosufficienti. Anche se io se la bici si rompe ci so mettere mani…». Paura mai? «Paura sì- racconta- soprattutto in Malesia dove sono musulmani e un donna in calzoncini e maglietta che pedalava non è che fosse vista benissimo. Ma paura anche in Perù, nei Paesi più poveri del Sudamerica perchè il timore di essere aggrediti c’era…». Potrebbe bastare. E invece no. Paola Gianotti a pedalare ci ha preso gusto e così il mese scorso è ripartita per la «RedBull Transiberian Extreme» un’altra sfida di quelle che poi si raccontano ai nipotini. «Un’altra follia o un altro sogno, dipende dai punti di vista- spiega- Ho saputo che si sarebbe corsa la Transiberiana in bici e solo l’idea di pedalare sulla linea di quella ferrovia da Mosca a Vladivostok mi entusiamava». Anche qui non proprio una passeggiata: 9 mila chilometri in 14 giorni, con tappe anche da 1400 chilometri. La manager eporediese ha corso in coppia con il vicentino Paolo Aste e sono arrivati terzi. Era l’unica donna al via, un altro record da mettere in bacheca. Ora sta scrivendo un libro che uscirà tra pochi giorni e si gode un po’ di vacanza al mare: «Di bici per un po’ non ne voglio nemmeno parlare. Sdraio e ombrellone? Per carità. Nuoto e corro, io non riesco proprio a star ferma…»