Peschiera, il triathlon con il vestito della festa
Gli unici con la “piva” ieri a Peschiera erano i pescatori sulle sponde del Mincio costretti per un pomeriggio a ritirare le loro lenze. Però son rimasti lì a veder passare i triatleti. Non so se abbiano mai pensato che in una prossima vita, anzichè armeggiare con ami e cagnotti, forse avrebbero provato a fare i conti con pettorali e integratori, sicuro è il contrario. Perchè in tanti ieri nell’ Kuota TriO, il triathlon olimpico di Peschiera, mentre correvano verso il giro di boa qualche centinaio di metri dopo il ponte dell’autostrada, si saranno detti che pescare, comodamente seduti su quei seggiolini da campeggio, non dev’essere poi così male. O forse no. Certo che, se più di mille persone si danno appuntamento in un sabato di fine settembre sulle sponde del lago di Garda per un pomeriggio di ordinaria fatica, un motivo ci sarà. E c’è. A Peschiera il triathlon si mette il vestito della festa, quello delle occasioni che contano. Non è un fatto di numeri, che comunque contano, perchè vedere il formicaio della zona cambio con un migliao di bici schierate fa sempre un bell’effetto. A Peschiera il triathlon si mette l’abito lungo perchè da Gegory Barnaby ( team 707) e Gaia Peron (TT Ravenna) che hanno vinto, fino all’ultimo e all’ultima che sono arrivati al traguardo, ieri si sono sentiti tutti protagonisti di un grande spettacolo. Protagonisti come l’ultimissimo atleta in gara al quale l’organizzatore Massimiliano Rovatti ha fatto da staffetta sul traguardo correndogli davanti per fargli spazio tra gli atelti che avevano finito e avevano invaso il passaggio. C’è differenza tra nuotare, correre e pedalare ed essere protagonisti di un evento. Ci vuol poco a capirlo. Ci vuole poco a capire se una spiaggia, un paese o una città accoglie una gara o la sopporta. Si capisce dai dettagli. E ieri a Peschiera la sensazione di far parte dello show era completa. Nuotare nel lago e poi tra i canali del Castello, pedalare su un percorso “mangia e bevi”, “eat and drink” come ho sentito tradurre da un audace a uno straniero che non aveva capito cosa aveva detto lo speaker e dopo ha capito ancora meno. Avrà pensato a un tracciato pieno di ristori… Corrrere sulle mura di una città ferma ad applaudire non ha prezzo come recita lo spot di una carta di credito. La differenza c’è. Fa piacere sentirsi al centro dello spettacolo. Di un villaggio gara imporante e bastava guardare gli stand della Kuota, di Bike Channel, di Garmin e di tutti gli altri per capire che Peschiera è una di quelle gare che contano. Certo, alla fine si fa la stessa fatica ma ti sembra di farne meno. Anche se non è così perchè, nuoto a parte, pedalare e correre sul Garda non è mai una passeggiata. Se non si vanno a cercare non ci sono grandi salite, ma 40 chilometri senza un metro di piano cercando di restare attaccati a “treni” che viaggiavano con medie da Frecciarossa è un azzardo che poi ti presenta il conto. Puntuale. Che arriva sugli strappi della frazione di corsa. “Bellissima ma dura” è stato il coro al traguardo. E infatti è stato uno spettacolo correre sulle mura, sulle sponde dei canali, nel cuore di Peschiera tra due ali di folla che facevano il tifo. Ma bastava guardare le facce dei compagni d’avventura di ritorno dalla boa sul Mincio per capire che non è stata una passaggiata per nessuno. Stanchi e felici si dice in questi casi. Vero. Come il mio amico e collega , l’inossidabile Carlo Brena, che dopo il triathlon oggi si regala una gara di ski-roll in Trentino: “E’ stata durissima- mi ha detto al traguardo divorandosi un grappolo d’uva- Cominciamo a far fatica, ma finchè arriviamo al traguardo va bene così. Forse più avanti dovremo cominciare a trovare un modo per passare diversamente i nostri sabato pomeriggio…”. Può essere. Anche se sinceramente faccio un po’ fatica a immaginarmelo seduto sulla riva del Mincio su un seggiolinoda campeggio a tirar lenze sfidando le carpe…