Lacrime in bici…
Capita di piangere in bici. A volte anche per la fatica. Oggi hanno pianto in tanti. Ha pianto Vincenzo Nibali che con la sua impresa a Risoul in terra francese che si vede che gli porta bene, ha dato senso a un Giro mediocre. Ha pianto ricordando Rosario, il ragazzo suo tifoso e compaesano, morto in bici pochi giorni fa e ha pianto anche ( forse) per scaricare una tensione che si teneva dentro da giorni. Ha pianto Esteban Chaves, il colombiano rosa. Lui che di solito ride ha pianto perchè magari domani corona un sogno più grande di lui. E ha pianto Steven Kruijswijk. Prima per il dolore dopo un volo pazzesco, catapultato come un fantoccio sulla neve in un salto mortale che fosse capitato ad uno normale ci avrebbe come minimo lasciato l’osso del collo. E poi per la rabbia. Ha lottato come un leone da solo per sessanta chilometri ma non è bastato per conservare una maglia che alla sua età è un sogno che forse svanirà. Lacrime. Lacrime che soprendono perchè lo sport, e la bici in genere sono gioia. Fatica, ma gioia. Le lacrime però che soprendono di più sono quelle di Paola Gianotti, la prima donna a fare da sola un giro del mondo in bici, la prima donna a partecipare alla Transiberiana, la donna che pochi mesi fa portava le firme da Milano ad Oslo per candidare la bicicletta al Nobel. Tipa tosta Paola Gianotti. Un fenomeno che fa cose enormi con la semplicità dei grandi. Con la forza delle donne e con le debolezze delle donne. Da qualche settimana sta macinando chilometri negli Stati Uniti: 48 stati in 48 giorni per regalare biciclette ad un gruppo di donne africane che pedalando conquisterebbero un pezzettino di libertà. Un sogno anche questo. Ma i sogni costano fatica. Anche lacrime, postate sul suo profilo Facebook: “Non sono sempre sorridente. Oggi è la quarta volta che piango in bici…Sarà che ho dormito cinque ore. Sarà che sono 28 tappe e oltre 7mila chilometri. Sarà che pedalo su strade sconnesse e ho i polsi che mi fanno male. Sarà che sono bruciata sulle gambe. Sarà che mi passano i camion a due centimetri e ho paura…”. Sarà che piangere è liberatorio, che a volte è più un gesto di coraggio che di debolezza, che passa e ci si sente meglio. Poi si torna a pedalare e domani è un giorno nuovo per tutti…