I Giochi dei rifugiati
E’ il senso dei Giochi. Che va oltre ogni cosa. Perchè le Olimpiadi, anche se negli anni le regole del professionismo e del business hanno preso il sopravvento, sono soprattutto questo. Certo è illusione, forse anche un po’ retorica, però ogni tanto i gesti servono e hanno un significato al di là delle illazioni, dei retroscena o di qualsiasi cosa si voglia pensare. Così è una notizia importante quelle che oggi ufficializza che un squadra di 10 rifugiati parteciperà alle Olimpiadi di Rio. Lo ha annunciato il presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Thomas Bach, al termine di una riunione del comitato esecutivo a Losanna. «Questi rifugiati non hanno casa, non hanno una squadra nè una bandiera o un inno. Noi offriremo loro una casa nel villaggio olimpico, insieme a tutti gli altri atleti del mondo. E per loro sarà suonato l’inno olimpico, mentre la bandiera delle Olimpiadi sventolerà negli stati per rappresentarli- ha detto il presidente del Cio- Questo sarà un segnale di speranza per tutti i rifugiati del mondo, e farà capire ancora meglio al pianeta la portata enorme delle crisi dei rifugiati. Questi atleti rifugiati mostreranno al mondo che nonostante le inimmaginabili tragedie che hanno vissuto, ognuno di loro può contribuire alla società attraverso il proprio talento, le proprie capacità e la forza del proprio spirito umano». La squadra dei rifugiati è stata creata dal Cio che oltre a prestarle l’inno e la bandiera, fornirà agli atleti anche le divise per gareggiare, l’assicurazione e le spese di viaggio. La squadra parteciperà alla cerimonia inaugurale entrando nella sfilata della cerimonia d’apertura del 5 agosto davanti al Brasile, il Paese ospitante, e portando la bandiera olimpica. E oggi è stato anche deciso che sarà l’ex primatista mondiale della maratona donne Tegla Lorupe il capo missione della squadra dei rifugiati che parteciperà a Rio 2016.