Ambrosini, a New Ork da capitano
Ambro è il capitano. Capitano del Milan, uno che a centrocampo ne ha macinati di chilometri. Poi però arriva il giorno in cui si esce dal campo e ci si mette dietro a una scrivania. O davanti alle telecamere di Sky per commentare gol, diagonali e rigori di un campionato che una volta era quello più bello del mondo ma ora non più. Massimo Ambrosini è un pezzo di storia del Milan e ora quella fascia che aveva indossato per anni se la rimette al braccio per andare a correre la maratona di New York. Guiderà il Milan team nella maratona più famosa, Sfida nella sfida per una come lui che ha sempre amato correre, ma che dopo aver appeso le scarpette al chiodo ha continuato…”Perchè avevo paura di ingrassare”
Niente calcio stavolta…
«No, niente calcio, corriamo e basta. Proveremo ad arrivare in fondo cercando di apprezzare quella che è una della maratone più affascinanti al mondo…
Come è nata l’idea?
«É nata quando il Milan mi ha proposto di guidare un team rossonero a New York. Con noi ci sarà anche Max Brigante, grande tifoso e vece di punta di Radio 105, radio ufficiale del Club. Sarà una avventura che servirà a far conoscere tutti i progetti solidali legati alla Fondazione Milan…»
Quindi si rimette la maglia rossonera?
«Si,correremo con i colori sociali, al via domenica saremo in una ventina. Ma è una maglia è un’edizione speciale perchè sulle spalle ricorderà tutte le iniziative della Fondazione rossonera»
E questa è stata la scusa per rimettersi a correre?
«In realtà non ho mai smesso da quando due anni e mezzo fa ho finito di giocare giocare»
Allora macinava chilometri a centrocampo…
«É stata sempre una delle mie caratteristiche quella di puntare moltissimo sulla corsa quando ero in campo. Faceva parte del mio ruolo anche perchè ho sempre avuto un buon rapporto con la fatica. Anche quando mi allenavo a Milanello correre mi è sempre piaciuto»
Ma ora è un’altra cosa
«Si, all’inizio era un modo per non star fermo poi pian piano mi sono appassionato alla corsa perchè è un bel modo per non mollare e per restare in forma. La molla è stata quella lì, da lì è cominciato tutto»
Ed è tornata fuori l’anima agonistica…
«Più o meno, prima la sfida era con gli avversari ora con me stesso. Dopo qualche tempo con alcuni amici mi sono iscritto alle dieci chilometri e poi anche alle mezze maratone. Su queste distanze mi piace mettermi alla prova e, seguendo anche le indicazioni del preparatore atletico che mi seguiva quando giocavo nel Milan, sono migliorato. E credo di poter ancora far meglio.».
Dove corre a Milano?
«Quasi sempre sul percorso del Parco Sempione che mi è comodo perchè vicino a casa mia. Quando invece devo fare allenamenti più lunghi mi piace molto andare al parco di Monza…»
Più duro allenarsi per un derby, un campionato o per preparare una maratona?
«Sono due tipi di allenamenti completamente diversi, non si possono paragonare. E’ un discorso che meriterebbe un approfondimento tecnico. Diciamo però che ora io corro perchè mi piace e perchè lo sport mi fa star bene»
Però lo sa che chi fa atletica pensa che in realtà i calciatori non facciano grandi sacrifici in allenamento…
«E non è vero per niente…
Ma la maratona è una storia a sè, sa cosa l’aspetta?»
«Sinceramente non lo so bene neanche io. Per me è la prima volta e a New York sarà un’emozione amplificata da ciò che questa gara rappresenta. So di sicuro che partirò con la sola idea di divertirmi
Cosa le hanno raccontato…
«Ognuno racconta di questa corsa la sua emozione. La città, la gente, l’attesa. Che sto vivendo anche io e che, più si avvicina il giorno più cresce. Io spero di correre e arrivare al traguardo nelle condizione di poterla apprezzare tutta fino in fondo chiloemtro dopo chilometro»
Niente tempi e tabelle quindi?
«No, assolutamente no. M se arrivo sotto le quattro ore sono più che soddisfatto»
Sarà la prima e l’ultima?
«Non lo so. Quando ho cominciato a correre non avevo preso neppure in cosiderazione l’ipotesi di correre i 21 chilometri di una mezza maratona. Domenica a New York ne correrò una intera. Quindi il rischio che non sia l’ultima c’è…»