Nove Colli come un rock
La Nove Colli è un po’ come il rock gaelico e antico dei Jethro Tull che ieri sera hanno suonato a Sogliano, pochi chilometri più in là di Cesenatico. Musica per chi se ne intende, il rock come il ciclismo, come la granfondo più antica d’italia, come la Romagna, passioni che smuovono le anime. La Nove Colli è un assolo, sono tante variazioni di flauto come solo sapeva (e ancora sa fare) fare il mitico Ian Anderson che ora dalle sue parti in Scozia, oltrechè soffiare nel suo flauto magico pare allevi salmoni dando lavoro ad alcune centinaia di riconoscenti connazionali. Polenta, Pieve di Rivoschio, Ciola, Barbotto, Tiffi, Perticara, Monte Pugliano, il Passo delle Siepi e il Colle Gorolo. Tutti insieme fanno Nove Colli. Ed è un rock dolce, che non ti annoia mai, che ti fa alzare alle 4 e mezzo di un mattino buio, con le nuvole nere che hanno appena scaricato ettolitri d’acqua, con le strade bagnate, con un freddo che chiama giacche antivento, guanti, bandane, manicotti altrochè il dolce maggio della Riviera. Polenta, Pieve di Rivoschio, Ciola, Barbotto, Tiffi, Perticara, Monte Pugliano, il Passo delle Siepi e il Colle Gorolo sono tutti insieme tante “canzoni nel bosco” che richiamano le note dei Jetrho ma anche le verdi e bagnate vallate tra Scozia e Galles e che la mattina all’alba, con il cielo bigio, ti ricorda la terra di Romagna. Promesse che diventano emozioni, quando la luce illumina i fianchi delle prime colline su cui si arrampica un serpentone infinito di bici, lenta processione per una fatica che non porta a nessuna redenzione. Nove colli fanno una delle granfondo ciclistiche più dure e affascinanti in circolazione, forse la più famosa, forse la più accogliente, forse anche la più glamour, passerella di volti noti e meno noti nella lunga diretta mattutina della Rai. Granfondo dove, come capita ormai quasi ovunque perchè il popolo dei ciclisti nonostante tutto è sempre più numeroso, c’è la coda per far fatica, per strappare il biglietto che dà diritto a pedalare sulle strade dell’appennino dove sono passati i campioni ma soprattutto dove è passato un campione, un campione solo. Quel Marco Pantani che qui è nei bar, nelle bacheche tra le foto dei ristoranti, nelle vie, nelle piazze, sulle bici della gente che pedala, nel cuore di chi lo ha visto, lo ammirato e non se lo scorda più . Quarantasette edizioni. Una storia che non finisce più che comincia ricordando Michele Scarponi e Nick Hayden e continua in una mare di griglie in cui prendono posto ordinatamente, con un’organizzazione perfetta, più di tredicimila ciclisti . Era il 1971 quando, di ritorno da una gara fatta in Svizzera, tre amici del fans club Fausto Coppi fondato nel Bar del Corso di Cesenatico decisero che era arrivato il momento di dar vita a una corsa che regalasse ai suoi audaci partenti un “Brevetto appenninico” che emulasse e addirittura superasse quello alpino svizzero. Detto fatto si misero subito all’opera e il 20 maggio 1971 partì la prima edizione della Nove Colli, il primo trofeo “Cicloturistico Audax di Gran Fondo Sociale“. Erano in 17 e cominciarono la loro fatica alle 5 del mattino dal loro ritrovo abituale: il bar del Corso. Fu il primo tassello di una Nove Colli, che oggi è un gioiello che ci invidiano anche dall’estero. Che ci invidia anche il giornalista tedesco che pedala con la macchina fotografica al collo e non si spiega solo perchè da noi i gruppi sfrecciano a 50 orari. Forse dalle sue parti non succede. Tuttoil resto torna,. Ma qui dalle nostre parti il ciclismo è così. Cuore e passione più che ragione. Sfida di minuti, secondi, di mezze ruote messe davanti di un nulla a quelle degli amici, di battibecchi e prese di fondelli al bar, di caffè, spritz, cene scommesse, vinte e perse. Qui c’è differenza tra chi si depila e chi non lo fa, tra chi in salita arranca e chi vola via, tra chi sul mitico Barbotto mette il piede a terra e chi scatta per andare in fuga. Qui il ciclismo è musica. Tante note. Dalle mazurche di Casadei al rock che ti lascia senza fiato, che ti rapisce in un mangia e bevi che diventa sempre più duro più passano i chilometri, che ti porta a battere un tempo che sembra scorrere via in un attimo in una mattinata che diventa la festa di sport di un entroterrra che nasconde chissà quali tesori. E’ la Romagna che non ti aspetti. O forse sì che te l’aspetti. Ed è per questo che tutto vogliono venire a correre qui. Anche chi lo ha già fatto. E allora si torna.