Giro, Milano come Parigi?
Giro è finito, viva il Giro. E già si pensa al prossimo anno. Già si pensa a Milano come Parigi con la tappa finale che diventi tradizione consolidata. Perchè Milano merita la festa sport, di campioni, di appassionati e di spettatori che domenica hanno invaso strade e piazze in una gara infinita cominciata al mattino presto e finita nel tardo pomeriggio con la maglia rosa consegnata nelle mani dell’olandese Tom Dumoulin. Una cronometro al cardiopalma, 29 chilometri dall’Autodromo di Monza fino a piazza del Duomo che hanno stregato la città ma anche chi l’amministra. E così il sindaco Giuseppe Sala ha annunciato a botta calda che quella del Giro e della tappa finale contro il tempo è una sfida che deve essere ripetuta almeno per i prossimi due anni come gli hanno promesso gli organizzatori. E a un Sala che fa il sindaco si aggiunge un altro Sala (Fabrizio) che è il vice presidente della Regione Lombardia: «Il sindaco di Milano ha proposto che l’ultima tappa del Giro d’Italia sia qui per altri due anni? Bene, sono d’accordo – spiega il vice di Maroni – Anzi, io propongo che la conclusione del Giro parta dall’Autodromo di Monza per sempre, che diventi una tappa obbligatoria. Che diventi una tradizione». In effetti, visto il successo che oltre ai professionisti ha coinvolto già delle prime ore del mattino oltre 130 «team» di appassionati che hanno disputato sullo stesso percorso una cronometro a squadre, il discorso è aperto. «Per la Brianza e per Monza questa è un’ulteriore opportunità di creare attrattività e indotto per il territorio oltre che per valorizzare la propria storia e un luogo unico, come il nostro Parco- spiega il vice presidente di Regione Lombardia e assessore alla Casa, Housing sociale, Expo e Internazionalizzazione delle imprese- Ho intenzione di incontrare i vertici di Sias, società di gestione dell’Autodromo, per parlarne con loro». Non solo. A far pressione sui vertici di Rcs che organizzano la corsa rosa potrebbero essere proprio tutte quelle aziende e le associazioni e le unioni industriali e artigianali che sui quei 29 chilometri che dalla Brianza arrivano a Milano fondano le loro attività. Ed è un indotto importante con centinaia di realtà artigianali spesso storiche legate al ciclismo che quotidianamente lavorano attorno ai pedali. E si tratta di attività produttive o di servizio particolarmente vitali: in due anni il comparto è cresciuto del 15 per cento. Una crescita che ha visto sugli scudi la provincia, con punte del +27 per cento nell’Area metropolitana e addirittura +36 per cento in Brianza. Ma non solo numeri. Indipendentemente dalla cronometro, il Giro che si chiude a Milano è, a parte qualche «tradimento» con code polemiche negli anni passati, un valore aggiunto per una corsa che qui è nata e qui è quasi sempre arrivata. Al di là delle valutazioni economiche, che pur contano, Milano vale Parigi e l’arrivo sui Campi Elisi del Tour che per i Francesi è sacro. Tradizioni ripetute e inviolabili che fanno di un evento un grande evento come l’arrivo nel velodromo di Roubaix, il duca e la duchessa di Kent a Wimbledon, il doppio inno per le due Irlande che però nel Sei nazioni di Rugby (solo lì) sono un’unica squadra. E si potrebbe continuare. Anche con Milano tappa finale del Giro. Sempre.