Gli eroi dei giorni nostri  si muovono all’alba. Scricchiolano le bici. Il buio di Gaiole nasconde il freddo di una mattina che verrà e non si sa  come sarà. Se ci sarà il sole tiepido di una vigilia intensa dai sapori di Chianti e lampredotto. O se sarà una giornata di quelle da tregenda come un paio di anni fa. Ne esce una via di mezzo , ma poco importa. Poco cambia. C’è un paese che ha fatto finta di dormire stanotte. Che ha i carboni delle griglie ancora accesi. Che ha molti vuoti a rendere.  Che ha tirato tardi e che ha goduto ma che ha fretta di mettersi in sella. E si è dato appuntamento nel centro di Gaiole, piccolo grande borgo  che in questi giorni respira e si muove tra mozzi, bulloni, vecchi cerchioni rimessi in vita, tra storie e racconti dove i pedali sono solo un  pretesto per trovarsi e ritrovarsi. Poi ognuno per la propria strada a fare i conti con la propria fatica, con la propria voglia e con i propri sogni.  Via. Cinquanta, settanta, cento o duecento  chilometri schioppettando i brecciolini sotto i tubolari e pregando perchè non saltino per aria.  E’ il bello del’Eroica di Gaiole e di tutte le Eroiche che si corrono nel mondo. E’ il bello dell’avventura e dell’imprevisto che è la scusa per fermarsi, rifiatare, brindare, conoscere qualcun che è pronto a darti una mano e poi ripartire. Tanto il tempo non conta. Non scorre il tempo da  queste parti. Sono stati capaci di fermarlo. Non ci sono giovani, anziani, uomini, donne, schiappe e campioni. L’Eroica è una “livella”. Si sta in gruppo, si sta insieme e si pedala come se il passato fosse presente. Anzi come se fosse futuro. Come se Luciano fosse ancora in gara col suo numero uno. E a guardare gli occhi lucidi di chi ha pedalato insieme a lui è chiaro che è così. Si sta in gruppo prima e dopo. Tra una ribollita e una bruschetta , con la Bianchi di Moreno Argentin battuta all’asta che finisce nella collezione del barone Ricasoli, con la maglia Filotex  di “cuore matto” Franco Bitossi, con vini e borracce portati a casa per beneficenza. Affidati alle mani sapienti dei meccanici della Cicli Gaudenzi che avvitano, svitano e mettono in bici anche chi non c’è mai salito, chi non sa cos’è un puntapiedi o un palmer. “Siete eroici, anzi siamo eroici perchè questo è un rito che ci allunga la vita…”  annuncia dal palco Giancarlo Brocci, padre della “creatura”,  deus ex machina di un evento mondiale che fila via con la semplicità sana della sagra di paese. Ma sagra non è. Basta dare un’occhiata ai numeri, agli sponsor, alle immagini dell’Eroica che scorrono su tutti i megaschermi degli Autogrill che portano da queste parti, frutto di un matrimonio con Autostrade cominciato quest’anno e destinato a durare. Ed è’ il fascino e il segreto dell’Eroica di Gaiole. Grande senza dar nell’occhio. Grande senza il bisogno di esibire. Grande senza fra nomi, senza nominare i tanti vip che sono al via. Che però ci sono: dal direttore Alessandro Sallusti al vincitore del Giro Gilberto Simoni, dall’ex mister di Roma e Barcellona Luis Enrique al rocker fiorentino Piero Pelù.  Sui pedali, con la forza che serve per saltare via brecciole, buche e cunette che ti si parano davanti su salite che non ti aspetti. Con la pioggia che rende tutto ancora più epico. Con le ruote che slittano, s’infangano, si fermano sulle salite più dure. Con i ristori che sono il mito di questa gara. Con le bruschette, il pane col vino, il  Chianti e la ribollita. Con la finocchiona e il lardo di Dario Cecchini, davanti alla sua macelleria,  ristorante, officina della bistecca , monumento alle fiorentine che da queste parti sono quasi religione. Sui pedali fino a notte, perchè chi fa la 200 chilometri parte al buio e arriva al buio. Sui pedali per riscrivere una storia che su queste strade bianche è tornata ad essere una classica da professionisti. Sui pedali in un viaggio che per molti è un avventura e per altri una scoperta. Un viaggio affascinante alle origini di un ciclismo che è tutto negli occhi sinceri di Felice Gimondi che emoziona adesso come quando vinceva Giri e Tour, come quando sul MontJuic si mise alle spalle quel cannibale di Eddy Merckx strappandogli un mondiale. Che emoziona quando parte, quando pedala e anche quando cade e si rialza. E’ tutto insieme. Tutto insieme su queste strade confuse di polvere dove un popolo si mette in fila in processione pagana. Numeri, pettorali, borracce, tubolari avvoltolati su spalle ricurve per la fatica. Maglie di lana grossa che si inseguono alla ricerca di un ristoro che alla fine arriva. Ed è il trionfo di un lento pedalare che viene premiato. Dove non si conosce fretta, dove si appoggiano le bici sui prati e sugli argini, dove  si alzano i calici e si sussurra  al cielo la gioia di essere capitati da queste parti.