Sarri? L’eroe è papà Amerigo
Maurizio Sarri, se il Napoli continua a fare ciò che sta facendo, eroe ci diventa di sicuro. Ma suo papà Amerigo, 89 primavere portate con la leggerezza di chi è rimasto giovane dentro, eroe lo è già. Lo incontri a Gaiole in Chianti, al via della ventunesima edizione dell’Eroica, la ciclostorica più famosa al mondo, e mette subito le cose in chiaro: “Nonostante il mi’ figliolo io tifo per la Fiorentina…” Punto e a capo. C’è un Sarri in testa alla classifica, ce n’è un altro che ha già vinto il campionato. Qui a Gaiole Amerigo è di casa perchè Figline, dove è nato, è a un tiro di schioppo. Queste strade e questi sterrati li conosce come le sue tasche. Ai tempi era un passista scalatore “con discreto spunto veloce…” ci tiene a precisare. Così alla fine della seconda guerra mondiale cominciò a correre come allievo con l’Unione sportiva Figline, poi con la Rifredi e gli Assi Firenze. Ma l’Aquila Montevarchi è la squadra che gli è rimasta nel cuore. E così la divisa bianca con la banda orizzontale rossa e blu gli è rimasta addosso. Un buon passista, veloce e scaltro: ” Qui a Gaiole vinsi una gara anche se negli ultimi chilometri rimasi senza freni- ricorda davanti a un vetrina dove è esposta una foto dell’Aquila Montevarchi di allora al gran completo- Si era in fuga in due e ad un certo punto in discesa mi si ruppe anche il secondo cavo. Il primo era già saltato prima. Non dissi nulla al mio compagno di avventura, cercai di non fargli capire che ero in difficoltà. Mi misi alla sua ruota e continuai a frenare in discesa mettendo la punta della scarpa sul copertone posteriore. Finchè finalmente s’arrivò al piano, un paio di chilometri dove i freni non servivano più. Partii di scatto e vinsi la gara…”. Amerigo racconta ed un è attimo a far capannello. Foto, domande, racconti che si si aggiungono ad altri racconti. Guardi Amerigo, pensi a Maurizio, più o meno gli stessi gesti, lo stesso parlare. E allora si parla di Napoli dove tanti anni la famiglia Sarri si trasferisce ad un certo punto del suo peregrinare per lavoro: “Un giorno giravo in auto nel traffico- ricorda Amerigo- e tutti continuavano a suonare e a salutarmi. Sorridevano e io ricambiavo anche se in realtà non capivo bene il perchè. Poi una volta a casa mi resi conto: Maurizio, che era piccolino, per farmi un scherzo mi aveva attaccato sul baule della macchina un bandierone celeste del Napoli…”. Forse un segno del destino. Anche se Amerigo ha sempre amato il ciclismo e Maurizio pure, tantè che prima di dar calci a un pallone, pedalava e andava forte in salita. “Siam sempre stati una famiglia di ciclisti…” racconta Amerigo che smise di correre a 25 anni ma che, dopo aver appeso la bicicletta al chiodo, le gare si è messo ad organizzarle. Ora resta l’Eroica. Restano una passione che non si è mai sopita e la maglia bianca, rossa e blu dell’Aquila Montevarchi portata con la voglia e il sentimento di allora. Restano i racconti delle corse, le foto in bianco e nero, i nomi e i cognomi di una squadra che negli Anni ’50 era eroica davvero. Tutti in fila, dal “canapino” a Libero Volante, da Valeriano Faldini che fu anche Gregario di Fausto Coppi a Bruno Tognaccini a Marcello Ciolli. Ma soprattutto resta Amerigo, “babbo” di quel Sarri che sotto il Vesuvio potrebbe diventare un eroe. Lui lo è già…