Città a due ruote? Più o meno…
Dati e cifre. Come cambia la mobilità cittadina sulle due ruote? Bella domanda, soprattutto se si mettono insieme la ciclabilità ciclistica e quella a motore di scooter e moto che, anche se di due ruote sempre si tratta, sono due mondi diversi e distanti con esigenze completamente differenti. In generale la sensazione è che la mobilità cittadina su due ruote sia cambiata di molto negli ultimi anni.
IL REPORT. Più bici, più scooter, più telecamere, qualche zona 30, meno parcheggi per le auto, pochi posteggi per le due ruote. Una serie di chiaroscuri che rendono complicato anche leggere i numeri. Di questo si è parlato nella dell’Anci alla presentazione del secondo report dell’ Osservatorio Focus2R – Osservatorio Nazionale Infrastrutture, Sicurezza e Mobilità per le 2 Ruote, una fotografia delle politiche dedicate alle due ruote dai Comuni italiani .
UN’INDUSTRIA IN SALUTE. «La mobilità a due ruote in Italia e la possibilità di spostarsi su biciclette, scooter e motocicli – spiega Andrea Dell’Orto, Presidente di Confindustria Ancma – rappresenta un’opportunità irrinunciabile per le amministrazioni locali italiane, in un’ottica di riduzione delle emissioni e snellimento del traffico. La richiesta di Ancma è che il quadro regolatorio diventi sempre più chiaro, uniforme e favorevole alla diffusione delle due ruote e alla loro sicurezza nel traffico urbano. A monte di questo fenomeno c’è un industria in salute, italiana, che produce ricchezza e occupazione per il Paese: le aziende del settore moto e bici generano un fatturato di 5 miliardi di euro e danno lavoro a 60.000 addetti; l’Italia è leader europeo nella produzione di veicoli a due ruote, sia motorizzati che a pedale, e può vantare una bilancia commerciale in attivo da 25 anni per un valore cumulato superiore ai 17 miliardi di euro».
BICI SUI MEZZI? SOLO IN 4 COMUNI SU 10. Il report spiega come la mobilità a due ruote sia una scelta sempre più condivisa. Il 74% dei comuni ad esempio consente l’accesso nelle Zone a traffico limitato di ciclomotori e motocicli e aumenta dall’8 al 12 ( ma rimane bassa) la percentuale dei comuni che consente ai motocicli di circolare sulle corsie dei mezzi pubblici. Diversa la situazione delle biciclette, che sono autorizzate a circolare in tutte o alcune corsie riservate in 36 Comuni, pari al 41% del totale. Significativo anche il dato relativo alle città che autorizzano il trasporto delle biciclette sui mezzi pubblici: si tratta di 38 comuni, pari al 40% del totale (nel 2016 erano il 31%).
DUE RUOTE: MANCANO I PARCHGGI. Resta un problema irrisolto quello degli spazi riservati al parcheggio di moto e scooter: circa la metà delle città (56%) offrono una disponibilità di stalli dedicati alle due ruote motorizzate inferiore al 5%. Ancora peggiore, se possibile, la situazione delle biciclette: il 50% dei Comuni dichiara di non avere nessuno stallo dedicato ai velocipedi o, comunque, in percentuale inferiore all’1% del totale. Tuttavia qualche timido segnale di miglioramento emerge dal confronto con l’anno precedente: la disponibilità media dei parcheggi dedicati sale dall’8% all’11% per le moto e dal 9% al 12% per le biciclette. Migliore la situazione dei parcheggi di interscambio per le biciclette, collocati in corrispondenza delle stazioni ferroviarie: il 73% delle amministrazioni locali (in aumento rispetto al 2016 quando erano il 69%) ne ha allestiti almeno presso una stazione. Anche se non si fa cenno al problema della sicurezza contro i furti che non è un dettaglio.
BIKE SHARING: LUCI E OMBRE. Sono ormai 63 i comuni che si sono dotati di un servizio di bike-sharing, con una disponibilità complessiva di quasi 11.000 biciclette per più di 140.000 abbonati: a fronte di un aumento della percentuale di comuni che offrono il bike-sharing (dal 61% del 2016 al 66% di quest’anno), si assiste a una diminuzione del numero medio di biciclette disponibili (-15%) e di abbonati (-13%). Ancora immatura la diffusione capillare di servizi di scooter sharing.
CRESCE LA MOBILITA’ ELETTRICA. Segnali di crescita si registrano nel campo della mobilità elettrica: il 41% delle città interpellate dichiara di avere installato una rete di ricarica per motocicli o scooter, con una media di 30 colonnine di ricarica pubblica per comune, ma punte che superano le 100 unità nei comuni più grandi o più sensibili. Il 38% delle città ha installato reti per la ricarica di e-bike, benché in questo caso la presenza di colonnine sul territorio sia molto più disomogenea.
PIU’ CICLABILI, MENO CICLABILITA’. «Ci sono due dati, di segno opposto, che emergono da una ricerca annuale condotta da Legambiente sul Prodotto Interno Bici (PIB) – spiega Alberto Fiorillo, responsabile trasporti di Legambiente – Quello negativo evidenzia che nell’insieme delle oltre 100 città capoluogo crescono le piste ciclabili, ma non cresce la ciclabilità. In sette anni, infatti, tra il 2008 e il 2015, le infrastrutture urbane riservate a chi pedala sono aumentate addirittura del 50%, mentre nello stesso periodo la percentuale di italiani che utilizzano la bici per gli spostamenti è rimasta immutata: era il 3,6% nel 2008 ed era ancora il 3,6% nel 2015. In positivo si segnala che l’insieme degli spostamenti a pedali genera già oggi un fatturato di 6,2 miliardi di euro. Questo patrimonio, somma della produzione di bici e accessori, delle ciclovacanze e dell’insieme delle esternalità positive generate dai biker (come risparmio di carburante, benefit sanitari o riduzione di emissioni nocive) appare ancora più rilevante soprattutto in considerazione del carattere adolescenziale della ciclabilità in molte parti d’Italia”.
SICUREZZA, MENO ATTENZIONE. Infine la sicurezza: si registra un diverso livello di attenzione da parte degli amministratori locali rispetto alle misure per migliorare la sicurezza degli utenti inserite nei Piani Urbani per la Mobilità: se il 71% dei comuni dichiara di avere approvato almeno una misura per la sicurezza dei ciclisti (ma il valore è in calo rispetto al 75% del 2016), solo il 26% ha presentato iniziative per la sicurezza dei motociclisti.