Roubaix, Sagan re delle pietre
Cinquantacinque chilometri di fuga sono un’impresa. Ma sulle pietre della Roubaix 55 chilometri di fuga quasi solitaria valgono doppio, triplo. Valgono all’infinito. Soprattutto se dietro a braccarti c’è gente che la Roubaix l’ha vinta l’anno scorso o qualche anno fa e che magari ha appena vinto anche il Fiandre. Mica “pippe”. Ma Peter Sagan la maglia di campione del mondo sulle spalle ormai ce l’ha da tre anni e non è per caso. Vince la Parigi-Roubaix e firma la storia di una sfida dove l’ultimo a trionfare in maglia iridata era stato il francese Bernard Hinault nel 1981. In volata batte Silvan Dillier, 27enne campione svizzero, che pedala con lui senza far di conto, che forse Sagan poteva anche staccare prima. Ma non è accaduto. Perchè è chiaro che gli conveniva tenerselo lì a dargli i cambi ma , nell’illusione di un ciclismo romantico dove i sentimenti contano, piace pensare che forse non lo ha staccato perchè voleva finisse sul podio, visto che era in fuga dal mattino. A completare il podio l’olandese Niki Terpstra, vincitore settimana scorsa del Giro delle Fiandre. Con l’immagine di gioia di Sagan che si ferma in mezzo alla pista e solleva la bici al cielo e con quella drammatica del belga Michael Goolaerts che cade a terra per un infarto, viene rianimato in strada poi portato in volo all’ospedale di Lille, la Roubaix numero 116 va in archivio. Sole, pioggia o vento da Compiegne al Velodrome è dura come sempre. Come solo questa corsa sa essere. Una storia lunga 257 chilometri e mezzo che rinnova un rito, come un racconto che non si interrompe mai. Che ricomincia sempre con la solita magia, con lo stesso fascino, con le stesse pietre, con gli stessi tifosi che una volta erano ragazzini e ora ci portano i figli, con i settori numerati come se si pedalasse nelle sale di un museo, con le stesse case basse, con gli stessi colori e con lo stesso cielo basso. Un mondo davanti alla tv, le solite facce stravolte e sporche di fango, le stesse smorfie. Però forse questa è l’unica corsa in cui le facce contano meno. Chiunque arrivi, chiunque vinca, chiunque abbia la fortuna e l’ onore di alzare le braccia sul traguardo di quel velodromo si stampa nella gloria. Anche un tre volte campione del mondo diventa un uomo di Roubaix. Uno dei tanti ma unico. Speciale. Perchè quello degli eroi di Roubaix è il circolo più esclusivo del mondo. Un’enclave che va oltre il tempo. Basta una volta. Due sono tante, oltre diventa mito. E noi ci siamo là in mezzo. Inutile far nomi chi ama questo sport sa, conosce, ricorda. Tutto ciò che della Roubaix si deve raccontare è stato già scritto. Però poi arriva Peter Sagan: ed è la storia che vuoi continuare a scrivere.