nicNico Valsesia c’è. Quando c’è da far fatica c’è sempre ed è un modo di vivere più che di far sport. Perchè uno certe imprese le ha nel dna, poi ci prova, si abitua e non ne può più fare a meno. Perchè la fatica diventa un premio, una soddisfazione,  il modo per riscattarsi da  qualche peccato che ci si porta appresso da una vita precedente, diventa l’alibi per alzare un’asticella che altro non è se non la via dritta per mettersi alla prova, vivere ed essere felici. Filosofia a parte Valsesia nei giorni scorsi ha firmato un’altra delle sue imprese vincendo l'”Italy Divide”, “l’insopportabile avventura ciclistica più lunga d’europa” come la chiama il suo organizzatore Giacomo Bianchi che è un po’ come un giro d’Italia ma tutto in una volta sola. Niente tappe, niente gruppo, niente ammiraglie al seguito, niente ristori. Niente di niente. Da Roma a Torbole in due giorni, 16 ore e 37 minuti di fatica solitaria per percorrere 920 chilometri e per scalare 25mila metri di dislivello fermandosi solo 3 ore e 37 minuti per riposare e per ricambiare un cambio che ( lui sì) si è arreso e riparare tre gomme forate. Valsesia ed altri 95 “folli” hanno attraversato sei regioni italiane lungo i loro sentieri meno battuti, toccando Siena, Firenze, Bologna, Mantova e Verona, prima di scalare il Monte Baldo e tagliare l’arrivo a Torbole. Valsesia è partito in testa ed è arrivato in testa abbassando il record della gara di 4 ore pedalando di giorno, di notte come ha deciso e voluto perchè è questa l’unica regola di una gara dove gli atleti sono liberi di organizzare il proprio tempo come meglio credono seguiti solo da  un ricevitore satellitare che, oltre a garantir loro la sicurezza dei partecipanti, permette ad organizzatori e tifosi di seguirli nel percorso. Per l’atleta di Borgomanero che poche settimane fa in 14 ore e mezzo era andato dal mare di Genova fino sullla cima del Rosa in una abbinata bici- sci da alpinismo, Italy Divide è un’altra tappa di avvicinamento all’impresa “From zero to Everest” in programma il prossimo anno dove farà da «cavia» al progetto di una ricerca scientifica condotta dal dottor Luca Vismara sulle fisiopatologie legate all’alta quota.