maraL’elogio della lentezza è un alibi, tanto per chiarirsi subito. La logica dello sport impone infatti  di andare veloci. Sempre più veloci. Per vincere, per conquistare una medaglia, per guadagnare, per dare un senso i propri allenamenti, per chi ha creduto in te e anche ( forse soprattutto) per se stessi. C’è una velocità oggettiva fatta di tempi e di numeri. E poi c’è una velocità soggettiva, a misura, a sensazione. Ognuno ha la sua di velocità e anche chi va piano a suo modo va veloce. Basta intendersi. A vent’anni si vola, a trenta anche poi piano si comincia a rallentare. Così arriva il giorno in cui la velocità diventa un’ipotesi possibile (o impossibile), diventa un valore indefinito, una variabile trascurabile, un dettaglio. Che differenza c’è tra correre e una maratona o finirla?  Tra arrivare al traguardo di un ironman sotto le 12 ore o trascinarsi al traguardo fino a notte fonda? C’è una differenza enorme, sono due sport diversi. E’ ovvio. Ma è proprio qui che ci viene in aiuto la lentezza. La lentezza va in linea retta, procede per segmenti. Ecco, «segmento» è  la parola chiave. Per sopportare il tempo che si consuma e ci consuma, conviene spezzettarlo, sbocconcellarlo, ridurlo in frammenti, masticarlo a lungo. Così lo possiamo digerire meglio. Come la fatica. Non più tutta di un fiato ma a pezzetti, senza fretta. In un certo senso assaporandola e godendosela.  Così che si capisca bene di cosa si tratta. Così da farla accettare alla nostra testa che a ragion di logica la rifiuta. Ed è forse proprio per questo che certe fatiche ad una certa eta non si ha coraggio di farle. Ed è proprio per questo che viene da elogiarla ( la lentezza). Come scrisse un paio di anni fa il mio collega Daniele Abbiati sulle pagine del Giornale in un articolo sulla giornata mondiale della lentezza: “Occorre essere rapidi per essere lenti, cioè per permettersi di essere lenti. Chi fa le cose rapidamente, non è così di natura: nessuno nasce veloce, anche perché per nascere occorrono nove mesi, se non sbaglio. Chi fa le cose rapidamente è semplicemente un lento fallito. E sia detto con tutto il rispetto, per carità…”. Lo so che è un alibi. Ma a questo punto va benissimo così…