Alla Castelletta l’eredità di Scarponi
“Il cielo piangeva così forte che a un certo punto tutte le parole sono state lavate via…” Scrive così Marco Scarponi in un post nel giorno in cui il ciclismo sale alla Castelletta, la salita dove si allenava suo fratello Michele, la salita che lui chiamava la sua “cima Coppi” dove stamattina sotto un diluvio è stato scoperto un “cippo” in ricordo. Il ciclismo sale con Gianni Bugno, con Luca Panichi, Beppe Martinelli, Carlo Sabbatini, Neno Resnati, Giancarlo Polidori per raccogliere un eredità che diventa un messaggio da far girare in un passaparola infinito che proverà a scardinare l’indifferenza di chi continua a far finta che sulle nostre strade non succeda nulla e l’ottusità di chi non si rende conto che se anche poco si può fare bisogna farlo. Ognuno il suo, si parte sempre da lì. Intanto il “Cippo” c’è. Resterà lì a raccontare cosa è stato e cosa sarà per sempre il capitano dell’Astana a raccontare un ciclista, un uomo, un compagno di avventura per tutti anche di chi non lo conosceva. A raccontare il dolore di chi è rimasto, il tormento di chi non riesce a riempire il vuoto, la malinconia di un sorriso che fa venire i brividi. Il Cippo con l’aquila di Metello Gregori, sembra voler sollevare Michele da terra per portarlo verso l’infinito. “Non è cambiato niente dal 22 aprile dell’anno scorso- scrive Marco- Sulla strada si continua a morire, ma oggi un’aquila in cima alla Castelletta sta tentando di sollevare un macigno ed ha bisogno di tutti noi. Correte a darle una mano, salite con la bufera o con il sole, guardate quel pezzo di cielo che è sopra i vostri caschi: Michele è lì e nelle gambe di chi pedala per una strada giusta e sicura…”