nibVincenzo Nibali è essenziale. Non solo perchè il ciclismo azzurro ha tanto bisogno di lui, è essenziale in ciò che fa. Quando pedala, quando vince, quando lo intervistano, quando ammette le sconfitte e non cerca scuse, quando cade come è successo al Tour e, mentre il mondo cerca un colpevole, lui con un paio di vertebre a pezzi non se la prende con nessuno. Capita, dice…Pane al pane e vino al vino ed è un pregio fantastico in un mondo che vive di moine, di smancerie, di falsi sorrisi e di convenzioni. Nibali no. Sarà che fa uno sport duro ( “di merda…” va di moda dire oggi), sarà che viene da un terra antica e da una famiglia in cui ci si è sempre rimboccati le maniche, dove suo nonno Vincenzo non ci ha pensato due volte ad emigrare in Australia quando serviva, sarà che ce l’ha nel dna ma la retorica non è nelle sue corde. Così se c’è bisogno di portare le borracce d’acqua ai suoi compagni di squadra che stanno correndo al Vuelta si mette addosso uno zaino e va. Fine. Il resto è un esercizio di stile e non aggiunge altro. Anzi un po’ toglie. Certo fa sognare il fatto che un campione faccia da gregario, che si invertano le parti ma la realtà e che Nibali alla Vuelta è fuori classifica, che Jon Izaguirre lotta per la generale e che Ivan Garcia Cortina si giochi le volate.  E’ un gioco di squadra, funziona così  e dare una mano se serve non è nè epico, nè eroico. E nei patti. Epiche ed eroiche sono la sue vittorie a Sanremo e al Lombardia a capofitto giù dal Poggio e dal Civiglio, la sua vittoria sul pavè del Tour che quattro anni fa gli consegnò la maglia gialla. Epico è che dopo la caduta del mese scorso sia già tornato in bici.  E poi troppi aggettivi sono anche un pericolo. Perchè se poi tra qualche settimana a Innsbruck  gli riesce il miracolo che scriviamo?