L’abs sulla bici: il sogno diventa business
A volte bisogna frenare. Ma non per fermarsi. Per realizzare un sogno, per passare da un’idea a un prodotto, per trasformare una start up in un’azienda vera. Per non cedere alle lusinghe delle multinazionali che ti fanno ponti d’oro perché per un ingegnere c’è sempre posto ma per un ingegnere bravo ce ne sono tanti di più. Per realizzare il progetto che hai in mente, un sistema di antibloccaggio delle ruote sulle biciclette a pedalata assistita che fa ciò che fa ormai da lustri l’Abs su auto e moto: evita di «inchiodare», di ribaltarsi, di farsi del male.
Fabio Todeschini, fondatore di Blubrake, la start-up nata all’interno di quel contenitore milanese di nuove imprese che è E-Novia, ha sviluppato il primo sistema di controllo elettronico che aumenta sicurezza dei ciclisti durante la frenata. Un piccolo box integrato nel telaio, algoritmi predittivi, fili, sensori, un comando al manubrio e grazie all’intelligenza artificiale il sistema antibloccaggio per bici elettriche permette di fermarsi anche a 40 all’ora senza troppi patemi d’animo. Serve. Serve perché il mercato dell’e-bike vola, perché in sella alle bici a pedalata assistita sale anche chi non c’è mai andato e perché grazie all’«aiutino» elettrico bastano tre o quattro pedalate per andare davvero veloce. E allora bisogna fermarsi. Frenare, appunto.
Da buon giocatore di basket, Todeschini prende al volo l’assist del suo professore del Politecnico dopo il dottorato in ingegneria dell’automazione e mette mente e mano al progetto. Ma a canestro ci va da solo. Una «bomba» da tre: «Si è così- spiega perchè- i professori spesso ti danno un input scientifico ma sono sognatori che vivono nel mondo accademico. Il prodotto e il mercato sono tutta un’altra cosa…». E generalmente e un mondo difficile… Porte quasi sempre socchiuse, spesso chiuse. Rapporti con fornitori che non ti considerano perché all’inizio non hai volumi, non hai nome, hai solo un progetto. Come tanti. Vai a capire qual è quello buono.
E poi c’è il problema di tutti i problemi, «fundraising» si dice oggi in inglese ma è la storia di sempre: cioè servono i finanziamenti, i danè come si dice a Milano… «Non è facile – spiega il Ceo di Blubrake- perché quando uno esce dall’università non ha la più pallida idea di queste cose, non ha esperienza e quasi sempre commette degli errori come quello che abbiamo fatto anche noi partendo con due prodotti. Il segreto? Andare subito sul mercato. Proporre il prodotto, capire cosa funziona e cosa non va raccogliendo i feedback dei clienti e modificare. Cosa che un’azienda consolidata non può fare se non con tempi più lunghi. A una start up per correggere il tiro bastano tre mesi, per loro servono cinque anni…».
L’importante quindi è partire e se l’idea funziona, il resto viene (quasi) da sè. Come i riconoscimenti che non sono solo gloria. Come la vittoria di un premio speciale nella trasmissione «B Heroes» che per Blu-Brake è il primo passo verso un finanziamento di oltre 2.3 milioni di euro dal programma europeo Horizon 2020. O come la vittoria della finale italiana di Otec «Overseas Talent Entrepreneur Competition», la principale competizione cinese che connette startup e l’innovazione italiana con i mercati d’Oriente. «Ora siamo nella fase di industrializzazione del prodotto- spiega Todeschini. Cinquemila pezzi da consegnare entro il prossimo anno ad un gruppo svizzero. Alcune componenti verranno prodotte in Italia altre all’estero ma l’assemblaggio sarà tutto fatto qui». Va così da noi. Non solo poeti e navigatori. Ma anche menti veloci capaci di fare impresa restando qui. Che poi basta colpo di freno per volare via…