C’è sempre un uomo solo al comando…
Alla fine in una maratona sei sempre da solo. Perchè, come ha perfettamente raccontato Alan Sillitoe in un suo bellissimo romanzo, correre è ribellione ma è soprattutto anarchia. E’ un privilegio che può anche essere folle ma dove ognuno ha la libertà e il potere di decidere quale sarà la sua dose di sofferenza e di sfinimento. E così la consapevolezza diventa reale. Ma la solitudine non è una prerogativa dei maratoneti. C’è anche la solitudine di chi si arrampica, di chi va per mare, di chi nuota e di chi pedala. Già i ciclisti. Facile viaggiare in gruppo. L’aria non ti sbatte addossso e se appena appena hai un po’ di dimestichezza e di coraggio il gruppo ti porta a spasso senza una goccia di sudore. “Vai il trenta per cento in più…” ripete sempre un mio amico che di ciclismo ne capisce. E ha ragione. Senza star lì a far calcoli, significa che si può andare a 40 all’ora anche senza dannarsi l’anima. Ma non sempre c’è il gruppo. E allora, anche in bici come in maratona, la consapevolezza di ciò che ti sta capitando diventa più reale. Anche in bici come in maratona ognuno ha il potere di decidere quale sarà la sua dose di sofferenza e di sfinimento. Perchè metro dopo metro l’aria che ti arriva in faccia si fa più forte e anche se cerchi di scivolar via, di darti la forma più aerodinamica che si può non c’è nulla da fare. S’infila, ti frena e ti rallenta in una sfida che non puoi vincere perchè quando sei solo in sella al vento non si sfugge. Ti complica la vita, ti abbatte l’umore e ti fa sentire più solo di quello che sei. Cinquanta, sessanta, settanta chilometri in bici da solo sugli umidi rettilinei della pianura Padana dove non c’è il mare di fianco a farti compagnia o le montagne da sfidare, valgono per tre. E cosa pensa un ciclista quando pedala da solo per tre o quattro ore? In realtà non pensa. Si concentra sul sudore che gocciola dal caschetto, sul contachilometri che non sale, sulle mani che si informicolano e sulle sue gambe che si gonfiano e girano sempre meno veloci. Cerca di capire quando le raffiche gli daranno una tregua, a quale incrocio, in quale curva. Cerca in tutti i modi di anestetizzare la sua agonia. Solo. Come sempre. Come nella storia. Perchè in bici c’è sempre un uomo solo al comando…