Salite silenziose alla ricerca del tempo che fu
Strade silenziose e salite silenziose. Dove un tempo passavano tutti, dove ora non passa più nessuno. Quasi nessuno. Strade da intenditori, da appassionati, da innamorati di un andare lento capace di raccontare storie andate per chi è capace di ascoltarle. E la bici, le ruote della bici, scrivono romanzi scricchiolando sull’asfalto. Tra Molise e Abruzzo. Da Cerro al Volturno ad Alfedena, fino a Barrea, Pescasseroli e ritorno. Più di un centinaio di chilometri nel parco d’Abruzzo su è giù per salite e discese da San Francesco alla mitica Sferracavalli deviazione non necessaria ma quasi obbligatoria per chi ama pedalare arrampicandosi su strade mitiche e solitarie. Deviazione che spiega più di ogni racconto qual è l’essenza del ciclismo, che ha un senso solo in salita e che spiega quale sia la differenza tra pedalare sulle provinciali trafficate della padania e le vie abbandonate di un pezzo di Parco che sembra un luogo dello spirito . La salita che da Castel di Sangro sale a Roccaraso e la continuazione del Macerone che da Isernia sale a Rionero Sannitico. Strade note al Giro D’italia, strade di grandi imprese e di grandi campioni. Stessi panorami, stessi tornanti, più o meno stesse pendenze. Stessa “pasta” insomma. Da queste parti in dialetto la chiamano “Sferracavalli” perchè la salita che va da Castel di Sangro a Roccaraso è talmente ripida che tanti anni fa chi fa la faceva a cavallo perdeva i ferri che stavano sotto gli zoccoli. Poi sono arrivate le auto. Si va su in seconda e a volte anche in prima a meno che non nevichi perchè allora non bastano neppure le gomme termiche: servono le catene. E infatti ricordo che una quarantina di anni fa i ragazzi che volevano raggranellare qualche lira si appostavano all’inizio della Sferracavalli proprio per montar catene ai turisti che arrivavano da Napoli per andare a sciare sulle piste dell’ Aremogna. Ora , da quando dalla parte opposta della valle, è stata aperta la nuova superstrada la Sferracavalli è diventata una strada per pochi appassionati. Soprattutto per ciclisti. Che qui ci provano e si mettono alla prova. E’ quasi un esame di laurea: se sali qui vai quasi dappertutto. Una decina di chilometri che lasciano il segno, soprattutto nelle gambe. Con due o tre tratti dritti che non finiscono mai dopo il bivio che porta a Roccacinquemiglia. E si sale anche per andare lì. Un paesino che domina la valle fatto di case in pietra e con una piazza d’altri tempi dove c’è una luce che sembra di essere in un angolo di Grecia. C’è anche un ufficio postale che apre tre giorni la settimana per gli anziani che devono spedire qualche raccomandata o, più cosa più importante, ritirare la pensione. Un altro mondo dove il tempo pare quasi essersi fermato. Come su queste salite silenziose, dove la bici ritrova il tempo che fu…