Centri sportivi, piscine e palestre: non hobby ma lavoro
Lo sport per chi gestisce centri sportivi, piscine e palestre non è un hobby ma lavoro. Lavoro fatto di investimenti, contratti, fornitori, dipendenti, tasse. Bisognerebbe ricordarselo sempre perchè, troppo spesso, quando si parla di chiusure, lockdown ed emergenze sanitarie si tende a mettere in contrapposizione l’esigenza sacrosanta di proteggere la salute pubblica e quella ( altrettanto sacrosanta) di non distruggere il commercio, l’industria, il turismo, le attività artigianale e via elencando. Lo sport, cioè centri sportivi, piscine e palestre fanno però fatica a rientrare nell’elenco perchè molti, purtroppo anche chi governa, si ostinano a considerarlo un passatempo, un hobby, bene e servizio voluttuario di chi è fissato con la forma fisica o non vuole invecchiare. Al di là della fondamentale funzione sociale, educativa e del risparmio sulla spesa sanitaria che sono cosa nota, vale la pena però di ricordare la cifra economica che muove questo settore. Considerando il miliardo di euro in fumo nel mese di novembre, l’Anif (Associazione nazionale impianti sport & fitness) stima infatti che per circoli e impianti sportivi italiani il 2020 si chiuderà con un buco di circa 8,5 miliardi, pari al 70 per cento dei 12 miliardi annui fatturati nel 2019 dai 100mila centri sportivi italiani che, frequentati da venti milioni di sportivi, danno lavoro a un milione di lavoratori, oggi a rischio. «I tre mesi del lockdown da marzo a maggio a incassi zero hanno seguito due mesi in cui il calo era già cominciato, con la paura dell’arrivo del Covid- spiega il numero uno dell’ Anif Giampaolo Duregon- Dalla riapertura di giugno a settembre il fatturato è sceso al 50 per cento sia perchè non tutti i soci sono tornati in palestre, piscine e campi sportivi, sia per via degli allungamenti degli abbonamenti stipulati prima del Covid, per evitare rimborsi. A ottobre la perdita si è attestata al 40 per cento, e a novembre gli incassi saranno nulli». Le previsioni non sono rosee. Il 2021 potrebbe far registrare un calo del 50-60 per cento rispetto al fatturato 2019, calcolo ottimistico stimato sull’uscita dall’emergenza Covid nella prossima primavera, mentre per tornare alla normalità economica del 2019 bisognerà aspettare almeno l’inizio dell’anno del 2022.