“Bartali e Coppi siano i Padri della Repubblica”
“Non mi è mai capitato, dico mai, nemmeno nelle cene più celebrative o nei conciliaboli più privati di sentire Gino Bartali sminuire Fausto Coppi, l’amico-rivale, sempre più amico nel ricordo, oppure di aumentare di un quid minimo i suoi personali meriti storico-sportivi…”. Per Giancarlo Brocci, Coppi e Bartali sono passato e presente, storia e futuro di un mito che ha alimentato la sua “Eroica” ma soprattutto la sua vita da ciclista appassionato e visionario. “Sono l’esempio – ha spiegato pochi giorni fa sugli schermi di Sky Sport- di come anche tra persone con opinioni differenti ci possa essere un rapporto civile…”. Sono ciò di cui un Paese ha sempre bisogno allora come adesso. Un chiodo fisso il suo: far nominare Fausto Coppi e Gino Bartali, insieme, Padri della Repubblica. Portarli ai più alti onori rendendo eterna la loro avventura ciclistica che ovviamente non fu solo quello ma molto di più perchè ebbero il merito, in un’epoca difficilissima, di prendersi le prime pagine e restituire con le loro vittorie plebee dignità all’Italia. Furono capaci con la passione che hanno generato e per la letteratura nata dalle loro gesta di dare un contributo decisivo alla storia e alla ricostruzione di una nazione che stava ancora riordinando le macerie “Per quello che hanno fatto io credo che si tratti di un titolo più che meritato- spiega Brocci- La novità è che più che parlarne ora si sta passando alle vie di fatto, stiamo infatti inoltrando la nostra proposta ai Governatori di Toscana e Piemonte affinché possano fare loro l’istanza nei confronti del Capo dello Stato”. E così quei tempi di unione “all’italiana”, cioè giocando a chi fosse meglio dei due tra opposte tifoserie, potrebbero venire utili anche al tempo della pandemia: “Tempi catartici come questi-dice Brocci- sono una spinta ulteriore per rimettere in strada idee che abbiamo ben maturato in questi anni e che la nostra gente ci conferma assolutamente vincenti. C’è un grande bisogno di rendere al ciclismo quell’aura che lo ha reso lo sport dei racconti epici. E c’è soprattutto un’enorme necessità di giovani, belli, sorridenti, affamati, capaci di rischio e di sacrificio, che possano tornare ad essere riferimenti ideali della loro generazione. Abbiamo bisogno di eroi, qualcuno direbbe purtroppo, e gli eroi un certo ciclismo può tornare a crearli”.