Un Giro in Abruzzo tra magia, montagne e discese da paura
Passa il Giro 104 per andare a giocarsi la classifica nel freddo e sullo sterrato di Campo Felice. Magia d’Abruzzo che oggi tiene nel cuore Giulio Ciccone ma continua a far rima con Vito Taccone che tra queste montagne dettava legge. Passa il Giro 104 e viene da trattenere il fiato tra montagne e discese da paura. Scorrono le immagini di Alfedena, Barrea, Villetta Barrea, la salita verso Passo Godi. Tredici chilometri per arrivare a 1630 metri dove oggi comanda il Giro, strada per ruote silenziose come sanno essere solo quelle delle bici. Tranquille come queste montagne del parco che una volta era solo d’Abruzzo ed oggi si è allargato a Lazio e Molise. Non si sente un rumore, solo lo scrocchiare delle ruote sulla breccia dell’asfalto. Un paio di tornanti e Villetta Barrea e’ già là in basso. Sempre più piccola, affacciata su un lago che sembra disegnato tra le montagne di una zona protetta che più protetta non si può. Zona di orsi e di lupi con il marchio della Marsica, un posto che conosce fortunatamente un turismo discreto e che andrebbe però forse promosso un po’ di più, mai come in questi anni. Per dare una mano all’Aquila ancora ferita e che qui fa provincia. Tornanti e tratti dritti fino al centro di avvistamento dei daini che qui ti attraversano la strada quando mancano quattro chilometri alla cima. Un ultimo sforzo prima della gran premio della montagna, prima del rifugio, prima di un paio di ristori che meritano più di una pausa per un caffè. Passa il Giro 104 ed è un soffio. Poi si butta a capofitto verso Scanno, una discesa che fa venire i brividi vedendo il volo spaventoso di Matej Mohoric, il miglior discesista del gruppo, che fa una piroetta di 360 gradi, disarcionato dalla sua bici che impazzisce all’improvviso. Ma lo show non si può fermare e va avanti verso Ovindoli e Rocca di Cambio infilandosi in gole e gallerie che fanno ancor più paura così riprese dagli elicotteri. Si guarda all’insù, verso campo Felice, e c’è la neve. Vince Egan Bernal davanti a Giulio Ciccone che lo insegue a una decina di secondi su uno sterrato che riporta ad immagini antiche. E mai banali, perchè da queste parti non si usa: basta guardarsi intorno.