Magia di Bettiol: l’Oltrepò come le Fiandre
Centonovanta chilometri di fuga, metro più metro meno. Poi sulla salita di Canneto, che un tempo si chiamava Montù dei Gabbi e solo un paio si secoli fa divenne Pavese per regio decreto, Alberto Bettiol mette nel mirino Remi Cavagna e lo aggancia. Chissà perchè ma sembra di essere nelle Fiandre… Il francese disegna un ghigno sul suo volto ma non è quello di chi non teme la sfida. E’ il ghigno di chi si arrende. E Bettiol se ne va. Uno scatto come quello di un paio di anni fa sull’Oude Kwaremont che lo incoronò tra i leoni “fiamminghi”, tra i re della corsa peggiore da correre ma migliore da vincere, tra le promesse consacrate a realtà. Sembra facile vincere una tappa al Giro, ad esempio la diciottesima che da Rovereto porta in Oltrepò, a Stradella dove suonano le fisarmoniche. Sembra facile, pronti via, andare in fuga con un manipolo di coraggiosi che all’inizio lottano col gruppo poi capiscono che dovranno lottare e guardarsi tra di loro. Sembra facile per un fenomeno nato 27 anni fa a Poggibonsi che anni fa a Bergen in Norvegia è stato uno dei più giovani azzurri in un mondiale. Sembra facile dopo una giornata in fuga a sette chilometri dall’arrivo salutare tutti e andarsene da solo a cercar gloria. Sembra ma non lo è: ” Sembrava il Fiandre di due anni fa- racconta Bettiol ai microfoni Rai- Gli ultimi due chilometri non passavano più ed ero stanco…Ma ci tenevo…”. Ci teneva per sè, per la sua squadra, per i suoi ma soprattutto per Mauro Battaglini, il suo manager scomparso lo scorso anno: “Ci penso sempre, ci ho pensato tutto il giorno- racconta- Mi manca , se n’è andato troppo presto, era una figura importante per me, un secondo padre. Spero che mi abbia visto, che stia guardando anche cosa sta facendo Damiano Caruso che era dei suoi e che possa farlo felice…”. Strano il ciclismo dove si vince andando in fuga. Perchè nella vita normale andare in fuga, fuggire, è da codardi. Fugge chi non ha voglia di regolare i conti, chi svicola o scende a patti con le sue paure. Nel ciclismo no. Andare in fuga è un atto di coraggio. Va in fuga chi non ha paura di perdere, chi non vuole avere rimpianti, chi si ribella al conformismo del gruppo e chi non ha pura della solitudine. Sembra un mondo alla rovescia quello dei ciclisti. Pieno di contraddizioni ma capace di magie. Così che un fantastico tramonto tra le vigne dell’Oltrepò all’improvviso prende tratti e colori di un quadro fiammingo. Sembra quasi di essere nelle Fiandre. E chissà mai perche…