Bugno: “Ciclabili? Per le bici sono un ghetto…”
Gianni Bugno lei ha vinto più di 70 gare in carriera, due campionati del mondo, un Giro d’Italia, tappe al Tour, una Sanremo, un Giro delle Fiandre ma adesso in bici non ci va più?
«Pochissimo…»
Come mai?
«Perchè ho fatto troppi chilometri nella mia vita e un po’ mi sono stufato ma soprattutto perchè sulle strade oggi ho paura e mi sono rotto le scatole di litigare»
Con chi?
«Con automobilisti e motociclistici principalmente. Meno con chi guida camion o mezzi pesanti perchè loro sono professionisti e hanno più rispetto. Comunque c’è sempre da discutere e ormai capisco al volo quando qualcuno vuole attaccar briga…»
Anche i ciclisti però…
«Certo anche i ciclisti hanno le loro colpe e molti sulle strade non si comportano come si dovrebbe. Basta vedere i grupponi sulle strade la domenica mattina»
Non va neppure sulle ciclabili?
«Lì non ci penso proprio»
Non le piacciono?
«Per niente. Sono dei ghetti per chi pedala e, per come sono fatte, per i ciclisti sono più pericolose delle strade normali».
Si spieghi
«Sulle ciclabili ormai c’è di tutto: pedoni, mamme con le carrozzine, gente che passeggia, che porta a spasso il cane, che corre, auto posteggiate di traverso, furgoni che scaricano la merce e che aprono le porte all’improvviso. Poi negli ultimi tempi si sono aggiunte anche le bici elettriche che vanno a 25 orari ma sono molto più pesanti delle bici normali. E ora anche i monopattini che sono un discorso a parte perchè non ci sono regole per loro e vanno e fanno ciò che vogliono»
Succede anche a Milano?
«Sì anche a Milano. Ci sono nuove ciclabili che sono state pensate male e disegnate peggio, senza parlare della manutenzione che spesso lascia a desiderare. Si fa fatica a percorrerle e obbligano chi pedala a gimcane assurde e poi sono strette e poco coordinate con l’hinterland. Io, che vivo a Monza, non ho un tracciato che mi permetta di venire a Milano in sicurezza. E sono meno di una ventina di chilometri…»
Quindi?
«Quindi bisogna fare un passo indietro. Le piste ciclabili così pensate non servono, creano solo confusione e tensioni. Bisogna ripensare il ruolo della bici, l’educazione stradale a cominciare dalle scuole insegnando ai ragazzi come ci si comporta in strada spiegando a chi deve prendere la patente come si supera una bicicletta. Che poi non si capisce perchè se una automobilista ha davanti a sè un trattore che va a 30 all’ora aspetta paziente che svolti e se invece ha un ciclista lo deve superare a tutti i costi suonando e arrabbiandosi»
Lei le bici lei le vede più sulle strade che sulle ciclabili?
«Soprattutto per chi in bici fa sport e si allena sì. Ma con le regole giuste»
Tipo?
«Regole di rispetto e di comportamento che dovrebbero essere inserite in una riforma del Codice della strada. Come presidente del sindacato che raggruppa i ciclisti professionisti a livello mondiale io devo ragionare da corridore. Noi vogliamo che la bici sia equiparata ad un motorino: in strada non c’è nessuna differenza, perché vanno realmente alla stessa velocità, il problema è equipararli. Se servono targa e assicurazione apposite, noi siamo pronti. Ma non deve essere questa la scusa per tartassare i ciclisti, altrimenti siamo punto e a capo».
Intanto però se si parla sport il ciclismo fa sempre più fatica a mettere in sella i bambini
«É ovvio. Qual è quel genitore che oggi manda i suoi figli in strada ad allenarsi e se ne sta a casa tranquillo?
C’è un modo?
«Servirebbero piste dove far allenare i ragazzi e spazi potetti. A Milano ci sarebbe il Vigorelli ma per i bambini quella pista è impossibile perchè troppo ripida e perchè è in legno quindi si scivola. Forse sarebbe stato meglio rifarla in cemento e con delle pendenze meno impegnative».