Ironman, dopo 40 anni la finale non sarà alle Hawaii
La pandemia sta cambiando le abitudini del mondo comprese quelle dei triatleti. E così, per la prima volta in 40 anni, la finale mondiale dell’Ironman non si disputerà a febbraio a Kona nelle Hawaii ma a Saint George nello Utah il 7 maggio per tornare nella Big Island ad ottobre del prossimo anno. Così riporta dalle sue colonne il West Hawaii Today che annuncia una decisione che arriva dopo l’ annullamento della gara dell’anno scorso a causa delle preoccupazioni per il coronavirus e dei rischi dei viaggi internazionali. Ad agosto, poiché la variante delta ha alimentato un picco nei casi di COVID-19 alle Hawaii, gli organizzatori hanno deciso di posticipare la gara di quest’anno a febbraio e quindi di spostarla a Saint George. Cambia la storia di un’ sport che proprio alle Hawaii è nato su una spiaggia della Big Island quando quattro marines ubriachi decisero di inventarsi lo sport più duro in assoluto, L’idea fu di John Collins che pensò bene di mettere insieme tre gare: la Waikiki Roughwater, 2,4 miglia di nuoto, la Around Oahu Bike Race con 112 miglia in bici e la Honololu marathon con 26,6 miglia di corsa. Tutte di seguito, senza mai fermarsi. Da qui cominciò il mito di questa avventura che ha fatto diventare prima Honolulu e poi Kona l’ombelico del triathlon di lunghissima distanza. Il mondiale di Kona va oltre l’ironman. E’ qualcosa in più di un evento sportivo, capace di catturare la fantasia, di entrare nell’immaginario collettivo di altri mondi spesso lontanissimi ma che una volta l’anno si sintonizzano. Le Hawaii sono diventate la terra promessa di uno sport di cui molti hanno sentito parlare anche se non sanno esattamente cosa sia. Così una sfida nata per caso è il magnifico biglietto da visita per chi sogna la sfida della vita. Non importa se impossibile, irraggiungibile, se mai un giorno succederà. E’ un po’ come giocare una finale di Champions a Wembley o una finale di tennis sull’erba di Wimbledon: c’è un mondo che sogna di poterci arrivare anche se poi per tutta la vita prende a calci un pallone e fa volè su sperduti campetti di periferia . Ma funziona così, è quella la molla. Il mito, oltrechè con le pianificate strategie di marketing, si alimenta così, anche se in questo caso ha un prezzo. L’ironman della Hawaii è business all’ennesima potenza. Un grande evento che muove più di qualche dollaro dove uomini, eroi, e divinità poco c’entrano perchè a dettare le regole non sono gli Dei dell’Olimpo ma i manager delle grandi aziende. C’era una volta lo splendore divino di Achille, c’è oggi il prestigio di un marchio e degli sponsor. C’era un volta il mito che dava risposte alle grandi domande dell’uomo, ce n’è oggi un altro che gli regala un sogno. E ci voleva il Covid per portarlo via dalle Hawaii.