Masnada secondo al Lombardia a un passo dal sogno…
«È stata una corsa dura, siamo andati veramente forte su tutte le salite. Io non ero il capitano di giornata, avevamo tre punte alla partenza. Ho cercato di giocare le mie carte in salita, quando siamo rimasti in sette corridori davanti ho lavorato per Julian. Tadej però oggi è stato di un altro pianeta, non si vincono due Tour de France per niente. Ha dimostrato di essere il più forte. Io conoscevo bene la discesa, perciò sono riuscito a rientrare e ottenere un secondo posto. Sono contento…”. E invece Fausto Masnada, 27 anni, di Laxolo un paesino in provincia di Bergamo, oggi al Lombardia capitano in terza della Deceunink Quik-Step agli ordini prima di Julian Alaphilippe e di Remco Evenepoel dopo, forse contento non è. E non ci dormirà stanotte pensando e ripensando a quello sprint che ha perso per una manciata di metri lasciando il passo a quel fenomeno di Tadej Pogacar. Il Lombardia era e rimane il sogno nel cassetto di questo ragazzo della Valbrembilla, come una tappa al Tour o alla Vuelta. Al Giro no, lì un paio di anni fa a San Giovanni Rotondo, la voglia se l’è tolta. Ma il Lombardia lo sogna da quando aveva sei anni, da quando un suo compagno alle elementari che correva in bici gli ha messo in testa la “fissa” di uno sport che è diventato passione e mestiere. Poi ci hanno pensato Beppe Colleoni a farlo debuttare tra i dilettanti nel Pedale Brembillese e Gianni Savio nel 2017 a farlo diventare professionista con L’Androni-Sidermec e, dopo un passaggio col team CCC, con lo squadrone di Patrick Lefevere. Una vita faccia al vento, davanti a dare aiuto ai capitani ma con licenza di andare anche a vincere, come al Giro, come al Tour des Alpes, come al Lombardia, quello “baby” vinto da dilettante con la Colpack davanti a un altro ragazzo terribile come Giulio Ciccone. Ma il Lombardia dei “grandi” è la storia del ciclismo e per l’ “anguilla”, come lo chiamano i compagni di squadra, che è della Val Brembilla, che tifa Atalanta, che su queste strade è nato e cresciuto è la madre di tutte le corse. E allora ci mette una attimo a fare a capofitto i diciannove tornanti del Selvino che conosce a memoria per andare a prendere Pogacar. Un volo radente come avrebbe fatto un altro Bergamasco di razza come Paolo Savoldelli che infatti è uno dei suoi miti. Acciuffa Pogacar a Nembro e insieme se ne vanno verso Bergamo alta con un campione del mondo alle calcagna che morde il freno e impazzisce tanta è la voglia di andare a prenderli. Ma non si può: il francese rispetta ordini e patti. E allora se la gioca Masnada la sfida impossibile. Se la gioca perchè qualche giorno fa al Bernocchi ha fatto tutto ciò che doveva per Evenepoel, perchè dopo la frattura della vertebra sacrale a luglio in Sardegna alla Settimana Ciclistica è tornato più in forma di prima, perchè queste sono le sue strade e soprattutto perchè se lo merita. Vince Tadej che tutti già paragonano a Mercxk, e che invece è Tadej e scriverà da par suo un bel pezzo della storia che verrà. Masnada ci prova ma non c’è storia. Secondo. Secondo e contento. Ma non è vero: era la sua corsa, ha quasi fatto un capolavoro ed è arrivato ad un passo dal coronare un sogno. Chissà se ricapita…