“Correrò fino alla fine…” aveva detto  qualche anno fa Marco Olmo, sul palco del Festival delle storie organizzato, con la passione che serve,  da Vittorio Macioce nel cuore della Valle di Comino,  terra di “mezzo” dove la Ciociaria accarezza Abruzzi e Molise, come si diceva una volta . “Correrò fino alla fine…” perchè la storia e la vita di questo ultramaratoneta di Alba che oggi compie 73 anni, con la corsa sono diventate un’unica cosa quasi impossibile da separare,  un’entità metafisica che tiene insieme tutto: testa, cuore, gambe e anima.  Sembra incredibile la sua storia ma  non lo è. Più  concreta che mai, senza fronzoli, social e selfie. Reale come la sua vita, i suoi racconti, le sue mani. Antica come il suo sguardo che  continua a guardare lontano. “Profilo d’aquila”, come lo chiamano i francesi, ha corso e ha vinto le sfide più difficili:  dalle imprese all’Ultra Trail del Monte Bianco, ai successi nei deserti di tutto il mondo, all’Ultra Bolivia Race per  una carriera sportiva che in realtà è una scelta di vita, un ruvida filosofia. Correre fino alla fine. “Correre fino alla fine come gli animali…” ripete sempre  questo signore dalla tempra inossidabile che è un incrocio tra un camoscio e un dromedario, che non conosce la fatica. Anzi, la conosce benissimo perchè  lui è uno che  ha lavorato sodo, una vita di sudore  sui camion e sulle ruspe nelle cave.  “La fatica esiste, eccome se esiste-  raccontava qualche tempo fa in un’intervista- Ma ognuno è padrone del suo corpo. E’ inutile barare . Doparsi è come modificare la centralina al motore di una macchina: va di più, però, se si rompe il motore della macchina lo cambi, se si rompe il nostro hai finito lì. Muori.  Ognuno poi paga o con la sua coscienza o con la sua salute. E prima o poi il conto arriva sempre”.   Ma non è tempo ancora.  C’è ancora la voglia di star seduti al tavolo, di continuare, un passo dopo l’altro, ad assaporare fino in fondo quel dolce tormento che dà linfa alla vita.  Marco Olmo da Robilante, 73 anni e non sentirli…