I ciclisti? “Stessa faccia stessa razza…”
Sono giorni da Oscar. E’ tempo di schiaffoni ma anche di film. A volte brutti, spesso belli, in qualche caso eterni. Così come eterno è Mediterraneo di Gabriele Salvatores che l’Oscar lo vinse ormai trent’anni fa e che ieri sera, probabilmente non per caso, è stato trasmesso ( ritrasmesso) su Cine 34. Per una generazione le scene vanno a memoria. Tornano immagini, musiche e dialoghi. Tornano il sergente Maggiore Lorusso, il tenente Montini, Farina, Munaron, Colasanti e Strazzabosco. Torna Vassilissa e torna Aziz il barcaiolo greco che stordisce con un paio di “canne” gli smandrappati militari italiani che sfuggono alla guerra su un’isoletta dimenticata e poi li depreda: ” Stessa faccia stessa razza…”, appunto. E questo modo di dire calza a pennello anche per pescatori, cacciatori e ciclisti. Non c’è una logica ma il pensiero vola lì: tutti uguali. Basta ascoltarne i racconti. Lepri e fagiani da decine di chili, trote e salmoni che sembrano balene e ancora mirabolanti catture di cinghiali o di tonni in mezzo al mare. E i ciclisti non sono da meno. Scalano le salite più dure, tengono medie da professionisti, staccano amici e avversari, pedalano e raccontano. E a volte esagerano. Ma spesso mentono. “Sono mesi che non esco in bici, mesi che non pedalo, mesi che non faccio più di 30 chilometri… “Balle. Chi va in bici s’allena appena può. Si allena e non lo dice. Si allena e ti aspetta al varco per tirarti il collo. E alzi la mano chi non l’ha mai fatto