Lo sport italiano? Un affare da vecchi
Trentacinque milioni di appassionati, di cui 15,5 milioni di praticanti abituali; 95,9 miliardi di euro di ricavi generati nel 2019, prima della pandemia, con un’incidenza sul Pil italiano del 3,6%, e circa 389 mila persone occupate. Questi i dati che emergono dal primo «Osservatorio sullo Sport System» realizzato dall’Ufficio Studi di Banca Ifis e illustrato pochi giorni fa presso la Sala Giunta del Coni, a Roma, alla presenza del numero uno del Comitato olimpico nazionale italiano Giovanni Malagò e del vicepresidente di Banca Ifis Ernesto Fürstenberg Fassio. Numeri che sembrerebbero raccontare di una situazione più che florida ma che ad una analisi più attenta fotografano un movimento ricco ma “vecchio”. Troppo vecchio. Oggi nel nostro Paese lo sport è affare da “anziani”. Il 43 per cento dei praticanti è over 55 a cui si aggiunge una altro 25 per cento nella fascia d’età che va dai 35 ai 54 anni. Dai 18 ai 24 anni, che è poi l’età che coinvolge gli atleti “veri”, la percentuale crolla all’8 per cento. Più o meno gli stessi numeri riguardano l’interesse allo sport, cioè chi lo segue in stadi, arene o media. Quindi? Quindi viene da dire che la prospettiva, soprattutto per quanto riguarda la nostra bella gioventù che è poi quella che scende in pista alle olimpiadi, nelle qualificazioni mondiali, alla Roubaix o al Fiandre, non è proprio delle migliori. Ma c’è sempre lo “stellone” azzurro a cui votarsi anche se non sempre ci va bene…