Non c’è mai fine al peggio. Un paio di giorni fa a  Gabicce durante una partita di calcio tra Accademia calcio TerniGdc Ponte di Nona in campo scoppia un piccolo diverbio. Ma dura il giusto anche perchè i protagonisti sono dodicenni e gli allenatori delle due squadre intervengono all’istante riportando tutto nella normalità che merita. Bravi ma non basta. Un uomo, padre di uno dei due bambini, scavalca la recinzione, si precipita in campo e colpisce con alcuni colpi violenti l’allenatore della squadra umbra che viene prima ricoverato all’ospedale di Riccione e poi  trasferito a Cesena per un grave ematoma al rene sinistro. Ora sta meglio ma la prognosi è di una trentina di giorni e la storia, giustamente, avrà un seguito. Si alza sempre un po’ l’asticella. E così dopo improperi, minacce o il classico  “spaccagli le gambe…” che è un evergreen  della maleducazione sportiva ( ma non solo sportiva) urlato da chi l’educazione dovrebbe insegnarla, cioè i genitori, la cronaca racconta un altro episodio che lascerà purtroppo un segno indelebile nelle menti dei 22 bambini che erano in campo: perchè a quell’età, nel bene e nel male, i piccoli sono fantastiche carte assorbenti. Ma ormai va così. I genitori al seguito dei figli quando fanno sport sarebbero da vietare. Via mamme e papà dagli spogliatoi, via dai campetti di calcio, via dalle tribune, dai bordi delle piscine, dalle piste d’atletica. Lontani e assenti per il bene de pargoli che così imparano a far da sè e imparano a crescere.  Lascino i ragazzi con i loro allenatori, lascino che vengano sgridati, puniti, premiati o messi in panchina senza che ci siano mamma e papà a confortarli, a consolarli, a rassicurarli spiegando loro che comunque sono i migliori, che il mister non capisce nulla e che chi ha giocato, corso o tirato a canestro al loro posto  non li vale, è uno “sfigato”… Un po’ di anni fa l’allora assessore allo sport della Regione Lombardia Martina Cambiaghi  aveva proposto il Daspo per chi sugli spalti litigava o insultava guardando le partite dei figli.  Un divieto di presenza unito ad un momento di rieducazione e corsi di fair play tenuti dalle associazioni sportive obbligatori prima di poter tornare in tribuna.  Non s e n’è fatto nulla ed è un peccato perchè sarebbe servito non solo nello sport. Non è un problema di calcio,  pallavolo, basket o chissà cosa. C’entrano cultura ed educazione. I genitori arroganti sugli spalti sono gli stessi arroganti in auto, durante la coda ad uno sportello, con i professori dei loro ragazzi, al lavoro, in casa. E i figli purtroppo imparano…