Non è stata una fatalità. Neppure destino. La morte di Davide Rebellin, un pezzo di storia del nostro ciclismo, ucciso a Montebello Vicentino mentre era in bici, è un omicidio annunciato. Il camionista tedesco di 62 anni che con il suo Tir lo ha falciato è infatti (purtroppo) una vecchia conoscenza delle nostre strade. Vent’anni fa a Foggia, dopo aver investito alcune persone ed essere anche allora fuggito, era stato denunciato e condannato e nel 2014, a Chieti, la Stradale lo aveva fermato ubriaco e gli aveva ritirato la patente. Ora si aggiunge una nuova denuncia per omicidio stradale ma anche stavolta non verrà arrestato perché in Germania questo reato non è nel codice penale. Sembra una storia assurda, anzi lo è. Si continuano a piangere i morti sulle strade e poi si permette che uno che il camion lo guida per professione circoli sulle strade dopo una condanna patteggiata e un ritiro di patente. Da Michele Scarponi a Davide Rebellin più o meno sono passati cinque anni e nulla è cambiato. Oggi, come allora, s’indignano tutti ma intanto si muore. Federazioni, politica, organizzatori di Giri, di Tour, di classiche, Aci, Sindaci, governatori, Associazioni, Enti, Case automobilistiche facciano ciò che devono fare. Cioè cambino le regole di una mobilità che per chi pedala è indegna di un Paese civile. Un metro e mezzo di distanza sorpassando chi pedala? Chiacchiere. Se non c’è nessuno che controlla non serve a nulla. Piste ciclabili di un metro, che ci sono quando ci sono, con cordoli assassini? Inutili. Giornate della bicicletta? Demagogia, buona solo a mettersi in vetrina e a posto con la coscienza. Serve altro. Ad esempio imporre per legge alle case automobilistiche di costruire auto intelligenti sul serio, che permettano la connessione telefonica solo se il mezzo è fermo. Serve punire la guida col telefonino con il ritiro immediato della patente. E ancora. Serve che i sindaci comincino a pensare, come si fa all’estero, a limitare la velocità dei mezzi ai trenta orari nelle città. Serve che usino le multe e le telecamere come deterrente per la sicurezza, non per far cassa. Serve che comincino a scaglionare gli orari delle metropoli: è assurdo che si vada tutti al lavoro, in ufficio, a caricare e scaricare, a scuola negli stessi orari. Serve che i soldi delle multe si usino davvero per mettere a posto le strade che fanno quasi sempre «schifo»: rattoppate, piene di buche, con segnaletica orizzontale consunta. Anziché annunciare nuove mirabolanti infrastrutture si cominci a riasfaltarle, a regolare i tantissimi incroci incustoditi, a illuminarle. Ciò detto il conto finale si fa con la coscienza e il buon senso di ognuno. Il tedesco che ha ammazzato Rebellin si è fermato, è sceso dal camion e dopo averlo guardato se n’è andato lasciandolo lì per terra. Farà i conti con Dio.