L’assemblea della Lega calcio di Serie A ha deciso di cambiare la finale della Supercoppa italiana. La prossima edizione, infatti, si svolgerà col format ( così si dice oggi) della Final Four, come già avviene in Spagna. Le due finaliste di Coppa Italia, la vincitrice dello Scudetto e la seconda classificata si contenderanno il trofeo. E così sia. Ma la cosa più importante è che per le prossime quattro edizioni le finali saranno giocate in Arabia Saudita.  C’è sempre un prezzo, basta mettersi d’accordo.  Vale per tutto compreso il calcio, compreso lo sport. Ed è bastato vedere  i mondiali del Quatar pochi mesi fa per rendersi conto che i diritti, quelli di cui tutti si riempiono la bocca e che, come ha raccontato scherzando (ma neanche tanto) Fiorello  nella sua striscia mattutina in tv da quelle parti  stanno scritti sugli zerbini d’ingresso delle case, sono in vendita eccome.  Vince chi mette sul piatto più soldi e vince soprattutto l’ipocrisia di chi lo sport lo governa e obbliga chi scende poi in campo a pantomime  più o meno zelanti  che di volta in volta portano gli atleti a mettersi al braccio fasce in difesa di chissà cosa, a pitturarsi il volto, a mettersi in ginocchio e via via così.  Poi però si va a giocare dove non si dovrebbe, si corrono gran premi dove non sarebbe giusto, si firmano contratti con Paesi in cui la democrazia è un’ipotesi, si mettono sponsor ingombranti sulle maglie, si prestano squadre e  volti dei campioni  a Stati e governi che organizzano ed ospitano tornei col solo fine di ripulirsi un’immagine che lo sport aiuta a rendere meno trucida e più potabile. Si chiama “sportwashing” e , come ben spiega Amnesty International, “è una strategia precisa che sfrutta lo sport per rendere moderna la propria immagine e per distogliere lo sguardo dalla pessima situazione dei diritti umani nel proprio Paese”. Va così da sempre e per molte parti del mondo, dal Cile di Pinochet, al Sudafrica dell’Apartheid, agli Emirati. ” L’intesa della Lega che potrebbe fruttare alle squadre italiane fino a 92 milioni di euro incentiva la monarchia del Golfo a praticare questa forma di marketing molto efficace che è lo sportwashing- commenta all’Adnkronos Riccardo Noury, il portavoce di Amnesty International Italia- E più si continua a dare credito alle autorità saudite perché hanno soldi per ospitare eventi sportivi più la situazione terribile dei diritti umani in questo Paese continuerà a essere ignorata. La Lega di Serie A  diventa complice di un sistema che tende a negare e a nascondere le violazioni dei diritti umani tramite manifestazioni sportive”.