Non basta fare le ciclabili: si deve impedire che diventino zone franche
A gennaio dieci morti, a febbraio 5, a marzo 7 e ad aprile 5. Sei con la donna di 39 anni morta due giorni fa a Milano. Sono i dati raccolti da ASAPS , l’Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale nata nel 1991, che riguardano gli incidenti che nel 2023 hanno coinvolto i ciclisti. Una “strage” che genera un senso di sgomento e di rabbia pari solo a quello di impotenza. Viene quasi da chiedersi a cosa serva protestare, scendere in piazza, farsi sentire quando poi poco cambia anzi la situazione peggiora. E basta pedalare a Milano per capire che muoversi in bici nel traffico è pericoloso, perchè c’e ancora troppa commistione tra le varie forme di mobilità, perchè pochi rispettano le regole, perchè manca la cultura del rispetto. E si potrebbe continuare. Non è un problema di ciclabili, anzi vista l’aria che tira ben vengano ma c’è un ma. Al di là delle polemiche politiche “le ciclabili a Milano sono state pensate male e disegnate peggio…” aveva detto qualche tempo fa Gianni Bugno che poi, tra l’altro si era candidato nella lista dei Riformisti che appoggiava il sindaco Giuseppe Sala alle ultime elezioni ,quindi al di sopra di qualsiasi sospetto di speculazione elettorale. “Obbligano chi pedala a gimkane assurde tra pedoni, mamme, gente che porta a spasso il cane, che corre, auto posteggiate di traverso, furgoni che scaricano la merce e che aprono le porte all’improvviso…» aveva continuato il campione monzese anche se, per capire che le ciclabili milanesi (non tutte ma parecchie) sono pericolose, non serve aver vinto un paio di mondiali o una Sanremo. Da via Sardegna a Buenos Aires a Molino delle Armi chi pedala rischia la pelle. La rischia perchè sulle piste non c’è controllo, non ci sono vigili, telecamere, non c’è nessuno che scoraggi auto, furgoni, moto, scooter a sfrecciare per saltare code o ingorghi. Le ciclabili possono piacere o non piacere ma se ci sono devono essere usate da chi pedala. Altrimenti diventano zone franche dove si rischia di finir male. E sarebbe bene che il sindaco Sala, l’assessore alla mobilità Arianna Censi se ne rendano conto in fretta e le mettano in sicurezza. La ciclabilità è un’alternativa per il trasporto e i dati record sulle vendite di bici ne sono la prova. C’è un futuro a pedali che sarà una risorsa solo se riuscirà ad integrarsi con le altre forme di mobilità senza far guerre né crociate e senza la presunzione di voler «salvare il mondo». Ma non basta moltiplicare il numero delle piste e delle bici per fare il miracolo. Non sono «pani e pesci». Serve investire in sicurezza, servono controlli e multe per chi sgarra, ciclisti e «monopattinisti» compresi quando «scorazzano» impuniti dove non devono. Ma i Comuni, e Palazzo Marino non fa eccezione, su questo tema non ci sentono e la conferma arriva dall’Osservatorio Nazionale Focus 2R, promosso da Confindustria Ancma e Legambiente che sei mesi fa denunciava che il miglioramento della sicurezza non è una priorità per una amministrazione su due. E così non va.