Al Giro vince il Rosso di Buja, anche se lo acciuffano a 300 metri
Per vincere a volte bisogna rischiare di perdere. Bisogna avere il talento e la voglia di uscire dal gruppo, dai calcoli e dalle tattiche. Il coraggio di sconvolgere il branco e di andare in fuga che resta comunque la sola strada per sovvertire il pronostico più scontato, che ti fa sempre fare il tifo per chi sta scappando, che ti fa sempre stare dalla parte di chi sai che ha poche o nulle possibilità di farcela. Simon Clarke e Alessandro De Marchi, dopo 120 chilometri di fuga, sono stati riacciuffati e battuti e 300 metri dall’arrivo sul lungomare Caracciolo a Napoli. Sesta tappa a Mads Pedersen davanti a Jonathan Milan che ormai è sempre lì davanti a giocarsela. Ma sono dettagli. La volata è svanita via, sfuggita a chi, quasi tutti, erano lì a far il tifo per i due “fuggiaschi” che alla fine hanno avuto la colpa di guardarsi un attimo. “Ho fatto una cosa che mai avevo fatto nella vita- si è quasi scusato De Marchi all’arrivo- Non ho dato un cambio…Mi dispiace, ora mi dispiace ma lui era più veloce di me, l’unica speranza era fargli tirare la volata. Volevo vincere, non arrivare secondo…Ho perso”. E invece no, non ha perso per nulla. Vince chi sogna e il Rosso di Buja, 36 anni di Cividale del Friuli ma soprannominato così perchè Buja è il paese di sua madre dove, una domenica mattina di tanti anni fa, cominciò a pedalare nella gara organizzata per la festa del patrono, è uno chi non si tira indietro. A sette anni vinse la sua prima garetta in una gimcana in mountainbike organizzata dalla società ciclistica Bujese, poi è arrivato tutto il resto, cercato e conquistato quasi sempre in avanscoperta come due anni fa quando, dopo 187 chilometri di freddo e pioggia da Piacenza a Sestola, finì secondo alle spalle di Joseph Lloyd Dombrowski e vestì la maglia rosa. Un sogno rincorso per chissà quante migliaia di chilometri, per chissà quante tappe, per tanti anni da professionista, per mille volte. A volte i sogni si realizzano, altre svaniscono come oggi. Ma poco importa, importante è avere la capacità di farli, di immaginarli, di inseguirli. Tutti, all’inizio della gioventù, credono di sapere quale sarà la propria storia e un po’ si illudono che tutto sia possibile. Ma poi, a mano a mano che il tempo passa, le cose cambiano, si fanno i conti con forze che sembrano negative ma che in realtà rafforzano lo spirito e spiegano che, quando si desidera qualcosa, con volontà spesso si riesce ad andare a prenderla. Anche una tappa, anche se non oggi, anche se svanisce quando sembra fatta. Ma vince sempre chi ci prova: “In tempi come questi la fuga è l’unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare- scriveva anni fa il filosofo francese Henri Laborit- Quando non si può più lottare contro il vento e il mare per seguire la rotta, il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa che lo fa andare alla deriva o la fuga davanti alla tempesta che, quando si è lontani dalla costa, è spesso il solo modo di salvare barca ed equipaggio…”