Ciclabili dimenticate
Mentre sulle strade chi pedala rischia la pelle, mentre si moltiplicano le pedalate, le veglie e le iniziate per ricordare i «caduti» sulle strade, mentre ogni sindaco o candidato sindaco che si rispetti nelle sue promesse elettorali tre «paroline magiche» come sostenibilità, ciclabilità e cicloturismo ormai le mette sempre (tanto è gratis), mentre ad ogni nuovo incidente che vede coinvolti ciclisti (o pedoni) ci si indigna perchè non deve più accadere…Sarebbe il caso di chiedere a chi amministra comuni, città Metropolitana, assessorati regionali, consorzio dei Navigli, a chi gestisce la manutenzione della strade, a chi si occupa di viabilità, a chiunque abbia una delle tante (troppe) competenze in cui nel nostro Paese si polverizza il «fare», se si rende conto dove spesso sono costretti a pedalare i ciclisti. In realtà basterebbe farsi un giretto in bici una mattina da Milano a Pavia, lungo la ciclopedonale dei Navigli, per rendersi conto che, tra degrado, spazzatura, erbacce e rovi i tanti discorsi sulle risorse che le ciclabili rappresentano per il territorio, sulla nuova sfida sostenile, sulla bici come mezzo di trasporto del futuro, sulla sua vocazione turistica sono in effetti solo «chiacchiere». La rete ciclabile del nostro Paese non è capillare ma sta crescendo. Per chi si allena in bici da corsa il discorso purtroppo è diverso ma per chi si muove in bici per cicloturismo o anche semplicemente per andare al lavoro, in ufficio a scuola qualche ciclabile in più oggi comincia ad esserci. Il punto però è che lo stato di manutenzione delle piste è pessimo. E non solo da Milano a Pavia. La stessa situazione vale per alcuni percorsi del Lodigiano, del Parco Agricolo Sud, dell’Abbiatense e si potrebbe continuare. Il dramma è che quasi sempre le vie ciclabili sono l’unica via sicura per chi vuole muoversi in bici senza essere sfiorato da camion e auto e ciò suona quasi come una beffa. Ma tutto ciò dà l’esatta misura di quale sia la considerazione delle piste ciclabili nel nostro Paese: si spendono soldi, vengono costruite e poi lasciate lì come se ci si fosse messi a posto la coscienza e come se ciò bastasse. Viene da pensare cosa succederebbe se su una strada, una volta costruita, non si facesse più la manutenzione: mai più segnaletica orizzontale, mai più rattoppo delle buche, mai più nuove asfaltature e cosi via. Ovviamente per le strade non accade, per le ciclabili purtroppo sì. Quindi prima di parlare di ciclabilità, di nuova cultura della mobilità, di opportunità per il territorio, di nuova risorsa turistica, di nuova via sostenibile, di sfida culturale etcetera etcetera le amministrazioni tutte farebbero meglio a tenere in ordine ciò che già esiste, a «sfalciare» l’erba laddove impedisce il transito, a rimettere a posto le staccionate divelte, riparare le buche che stanno diventando voragini, a mettere qualche indicazione in più per indicare percorsi, distanze, luoghi da visitare. Sulle ciclabili non serve fare tanta propaganda e neppure troppa filosofia: bisogna solo tenerle in ordine…