Perchè il Tour parte dall’Italia?
Eccolo il Tour d’Italie, l’Italia che si tinge di giallo, che si spella le mani per la corsa più bella del mondo, che non vede l’ora, che è orgogliosa e un po’ invidiosa, che però rosica e storce il naso. Certo, saremo tutti lì a lustrarci gli occhi il 29 giugno quando Vingegaard e compagni partiranno da Firenze: chi ama il ciclismo non può esimersi. Però viene anche da chiedersi perchè il Tour partirà dall’Italia? Che direzione sta prendendo questo nuovo ciclismo senza frontiere e senza confini? “Il Tour de France non è mai partito dall’Italia in 120 anni ed era una specie di anomalia, di incongruenza…” aveva detto tempo fa il patron Christian Prudhomme, presentando le Grand Depart , le tre tappe italiane tra Toscana, Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte e citando i vincitori italiani della corsa, da Bottecchia a Nibali. Ovviamente non è solo così, non è solo un omaggio ma tant’è. Il Tour 2024, il numero 111, scatterà il 29 giugno per concludersi il 21 luglio: 3.492 km in programma con le prime tre tappe sulle nostre strade. La prima, 206 km da Firenze a Rimini; la seconda, 200 km da Cesenatico a Bologna; la terza, 229 km da Piacenza a Torino. Il quarto giorno si parte da Pinerolo per poi entrare in Francia e affrontare Sestriere, Monginevro e Galibier. Due le cronometro: una individuale di 25 km da Nuits Saint Georges a Gevrey-Chambertin, l’altra l’ultimo giorno di 34 km da Monaco a Nizza. Ci saranno sterrati e pavè e ovviamente ci saranno le salite: nel Massiccio Centrale, con traguardo a Le Lioran e poi i Pirenei con l’immancabile arrivo a Pau prima degli arrivi in quota a Saint Lary Soulan (Pla d’Adet) a Plateau de Beille, a Isola 2000 e sul Col de la Couillole. Il “Tour d’Italie” per chi è appassionato di ciclismo, è un gran bel regalo , un “figata” come direbbe Jovanotti che in bici ci va, una bella cartolina italiana da spedire nel mondo. Però non è un romantico omaggio alla corsa più importante del mondo e soprattutto non è gratis. Regione Toscana, Emilia Romagna e Piemonte sul Tour hanno investito denari e sperano in un grande ritorno di immagine per promuovere ( ma ce n’era bisogno?) Firenze, la riviera romagnola e Torino. Quindi, al di là della retorica, un bel contratto che si spera soddisfi tutti i contraenti. Le quattro tappe italiane sono costate dai 200 mila euro per ospitare la partenza ai 300 mila per l’arrivo, una bella cifra che però dovrebbe avere un ritorno economico non da poco. Il Piemonte avrebbe fatto i conti delle ricadute: si va da i 5 ai 15 milioni. I primi effetti sono legati alla carovana che segue il Tour: 4500 persone tra staff delle squadre partecipanti addetti alla logistica e giornalisti. A conferma che si tratta di un buon “affare” c’è il report ufficiale degli organizzatori sull’impatto complessivo che ha avuto per la Danimarca che nel 2022 ha ospitato le prime tre tappe : 102 milioni (70 dal turismo interno e 32 da quello estero). Ciò detto il discorso il discorso potrebbe chiudersi qui. Ma la domanda resta. Perchè il Tour deve partire dall’Italia? Perchè oggi il ciclismo è ciò che pandemie, guerre, crisi economiche permettono che sia, cioè uno sport con la spia rossa dei conti accesa e con la necessità di trovare sponsor e soldi dove c’è ancora qualcuno disposto ad aprire i cordoni della borsa. E allora i mondiali si possono anche correre negli Emirati dove il deserto non è solo geografico ma anche sulle strade e all’arrivo perchè molti non sanno neppure chi siano Pogacar , Van Aert, Sagan o Alaphilippe. Il Tour è il Tour ma ormai come tanti grandi eventi sportivi è diventato anche un’altra cosa. Una scommessa rischiosa perchè rompe storia e tradizioni che sono il cemento che conserva il mito di un evento. Che ciclismo è? E’ quello dei tempi moderni, figlio dello stato di necessità, dove i campioni contano ma i soldi pure. Anzi di più. Quindi benvenuto al Tour italiano che per tre tappe ci farà lustrare gli occhi, riempirà le strade di tifosi e le pagine dei giornali. Non di tutti ovviamente: ieri nei nelle prime pagine dei quotidiani sportivi non c’era traccia…