Jan e Lance: “generazione di merda” salvata dall’amicizia
Lance Armstrong e Jan Ullrich. Jan Ullrich e Lance Armstrong: campioni, rivali, nemici infine amici. Vite incrociate, tribolate, pericolose e pericolosamente vissute su precipizi di doping, droghe, alcol, inganni e violenze in cui è stato un attimo sprofondare . Vite in bici dove il tedesco e il texano si sono incontrati e scontrati scrivendo la storia del ciclismo negli anni ’90 e nel primo decennio del 2000. A distanza di tempo, a cinquant’anni compiuti, dopo problemi di salute, squalifiche, indagini giudiziarie e quant’altro, Jan non è il più il Kaiser ma solo un uomo pieno di cicatrici, che ha combattuto con la vita, che ha pagato un prezzo salato, che ora prova finalmente a fare pace con il suo irrequieto passato. Anche Lance non è più il cowboy che dettava la legge ( la sua legge), arrogante, impunito, protetto finchè faceva comodo. “Eravamo entrambi delle icone nei nostri Paesi- racconta Armstrong in occasione dell’uscita del documentario di Amazon Prime Video «Der Gejagte» («La Preda») dedicato proprio al Kaiser di Rostock- io perché avevo sconfitto il cancro e avevo ispirato molte persone; Jan come primo vincitore tedesco del Tour. Anche se sembra immodesto: eravamo i più grandi del ciclismo, in tutto il mondo. E facevamo parte di questa generazione di merda…». Nel bene e nel male, nelle vittorie e nelle sconfitte, nel mito di uno sport allora tossico che ha lasciato un buco nero cancellato dagli albi d’oro e dalla storia, i due hanno segnato quell’epoca dove il doping era la regola. La tesi è che nessun ciclista ne fosse immune: «Ma mentre gli altri hanno potuto continuare a lavorare, Jan e io, compreso Marco Pantani, siamo stati trattati diversamente- racconta Armstrong- Mi ci sono voluti dieci anni per uscirne. È stato il motivo per cui non ho lasciato Jan da solo quando era in difficoltà. Marco era già morto all’epoca. Non avrei potuto sopportare di perdere un altro di noi…”. Per questo nel 2018 quando il tedesco, dopo essere stato arrestato in Spagna per aver aggredito un amico e aver fatto la stessa cosa in Germania con una prostituta era finito di nuovo in cella e poi in un ospedale psichiatrico, Armstrong aveva fatto ciò che in genere fanno gli amici quando c’è bisogno: era andato a trovarlo. «Mi ero completamente perso- ricorda Ullrich- Chi mi stavavicinoi aveva provato di tutto all’epoca: niente da fare. Alla fine pensarono che l’unica persona in grado di darmi una mano fosse Lance che venne a trovarmi in clinica e parlò con i medici. Riuscì a motivarmi, mi convinse ad andare ad andare in riabilitazione dicendomi: hai dei figli, hanno bisogno di te, non buttare via la tua vita, pensa a quello che è successo a Pantani. E mi diede la scossa…”. Vite attorcigliate tra gloria e vanagloria, tra falsità e sotterfugi. Vite dove troppo è stato buttato via ma non tutto perchè c’è sempre un tempo per il riscatto. Che vale per tutti tranne che per uno. Come sempre capita con Armstrong, qualsiasi cosa faccia, dica o pensi si scatenano le polemiche, le illazioni, gli insulti. Se decide, da semplice appassionato di fare una garetta in mountainbike viene messo in croce, se viene invitato come ospite da qualche parte è sempre inopportuno, se decide di andare a trovare un amico in difficoltà lo fa per calcolo e convenienza. Insomma è sempre in malafede. Può essere. Può darsi che sia così ma l’atleta (e l’uomo) ha pagato il giusto prezzo alle malefatte e non solo in dollari. Gli hanno tolto vittorie e gloria, gli hanno di fatto impedito di tornare in sella, gli hanno fatto terra bruciata. Nessun perdono. Nessuna possibilità di riscatto, nessuna seconda o terza chanche che tra i dopati dello sport viene concessa a tutti. E non solo tra i dopati ma anche a chi si macchia di delitti ben più gravi. Ma Armstrong pare il peggiore dei boss, un malavitoso da cui stare alla larga, da tenere ai ferri fino alla fine dei giorni. Fine pena mai, come un killer seriale o il più pericoloso dei mafiosi. E allora mai neanche nominarlo. Mai pronunciarne il nome come succede per Lord Valdemort, l’antagonista della saga di Harry Potter che nessuno per paura osa nominare. Il male assoluto, il mago più terribile e potente della Terra che per annientare avversari, nemici e amici che non ha, realizza un incantesimo che però gli si ritorce contro cancellandone i poteri. Fine. Fine di una “generazione di merda” salvata però dall’amicizia.