Bici e campanelli d’allarme
Campanelli d’allarme sul mondo delle due ruote, bici s’intende. Il primo suona dando un’occhiata ai numeri presentati pochi giorni fa a Milano da Confindustria Ancma, l’associazione ciclo, motociclo e accessori. Il mercato 2023 della bicicletta in Italia incassa un calo del 23% sull’anno precedente il che significa essenzialmente due cose: la pandemia è fortunatamente morta e sepolta e l’onda lunga che aveva provocato, con gli incentivi statali, pure e ora si fanno i conti con una solida frenata e un altrettanto solido eccesso di offerta. Il totale delle bici vendute nel 2023 supera di poco gli 1,3 milioni di pezzi e il volume d’affari è pari a 2,6 miliardi decisamente in calo rispetto ai 3,2 di due anni fa. La bicicletta tradizionale ( fa un po’ senso chiamarla muscolare) si ferma a 1.090.000 pezzi venduti ( -24%) mentre le e-bike arrestano la loro progressione a 273.000 unità, il 19% in meno sull’anno precedente. La tipologia di bici vendute rimarca l’andamento delle ultime tendenze di mercato. Tra le bici a pedalata assistita il 50% sono e-city, il 45% e-mtb, il 4% e corsa/gravel, mentre le e-cargo rimangono attorno alla soglia dell’1%. Le eBike, come anticipato, sono ormai il 25% del totale di un mercato bici complessivo (erano l’11% nel 2019), all’interno del quale l’universo “muscolare” è composto per il 29% da mountain-bike, 26% city-trekking, 15% bici da ragazzo, 8% corsa-gravel e 2% pieghevoli. Il secondo campanello d’allarme ha il suono sinistro della sicurezza. Soprattutto nelle grandi città, si fanno i conti con un rischio elevato di incidenti purtroppo spesso mortali e ciò incide ( non poco) sulla scelta di utilizzare una bici per muoversi. Secondo il report dell’Osservatorio ciclisti di ASAPS (Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale) lo scorso anno i ciclisti morti sulle strade sono stati 197. Un dato che, nonostante un leggero miglioramento, non si discosta molto dai dati degli ultimi quattro anni e ciò significa due cose al netto del fatto che sono aumentati i ciclisti sulle strade: che il nostro Paese in quanto a sicurezza e rispetto per chi pedala non fa passi avanti e che tutti i grandi discorsi su infrastrutture, nuove norme, limiti e via elencando poco incidono nel limitare la mattanza. La maggior parte delle vittime è over 65 e le regioni più colpite sono la Lombardia (39), Emilia-Romagna (29) e Veneto (22). Che ovviamente sono le più pianeggianti d’Italia e dove l’utilizzo delle due ruote è più abituale. Terzo campanello d’allarme suona per le norme, i divieti e ( purtroppo) l’approccio sempre ideologico che ne fa la politica. Dalle ciclabili alle zone a 30 orari, dalle nuove norme del codice della strada ai divieti e alle contravvenzioni ogni questione finisce sempre nella gazzarra di un dibattito che la politica porta su temi elettorali e di consenso. Con un finale “triste y solitario” come direbbe il grande Osvaldo Soriano il cui contributo pratico alla causa di chi pedala è quasi sempre uguale allo zero. E da Bologna a Milano gli esempi sono parecchi e quasi mai edificanti. Il quarto campanello d’allarme è un po’ l’appendice di quanto appena scritto e ciòè la vera mancanza di controlli sulle strade, sui limiti orari, sulle ciclabili, sulle tante bici per così dire elettriche che oggi sono in circolazione. L’elenco è lungo. Assolutamente inutile fare le zone a 30 orari se non ci sono controlli elettronici della velocità. I comuni disseminano le provinciali di autovelox dove servono solo far cassa con gli automobilisti ma poi dove andrebbero messi a garantire la sicurezza delle utenze deboli non ci sono. Idem per le ciclabili: inutile farle se restano zone franche di posteggio per mamme che accompagnano i figli a scuola, per chi si frema ” un attimino” per fare la spesa o per chi carica e scarica e s’ infuria pure perchè ” io sto lavorando…”. Le bici elettriche fanno storia a sè. O chi deve si decide a normarle in modo serio oppure si andrà sempre più nel pericoloso caos che è diventata oggi la mobilità nelle grandi città e non solo. Bici che ormai non sono più bici ma veri e propri motorini che però non sono soggetti a limiti, regole e nessun controllo, che non hanno targa nè assicurazione. Accrocchi assurdi con batterie legate con il nastro isolante ai telai, senza luci, con ruote inadatte a peso e velocità, che sfrecciano, ovviamente senza necessità di pedalare, a 40 o 50 orari. Mezzi illegali che con le bici nulla hanno a che fare e a cui prima o poi ( meglio prima) qualcuno dovrà porre un freno. Ultimo campanello d’allarme sono la rabbia e la maleducazione e vale per tutti. Non si capisce per quale motivo ma c’è un livore crescente nei confronti di chi va in bici, un’aggressività spesso gratuita e ingiustificata che monta e che fa paura. Vale per chi guida un’auto ma, a parti invertite, vale per chi va in bici soprattutto quando si fa forte in gruppo. Quindi è un attimo far questione, gli insulti sono gratis, le liti all’ordine del giorno, il pericolo che degenerino pure. Forse sarebbe il caso tutti di darsi una calmata, ma è più semplice a dirsi…