Silenzio, passa il Giro…
No comment e il Giro fila via in silenzio. Nessun commento perchè c’è lo sciopero dei giornalisti Rai che incrociano le braccia (non tutti in verità) per ordine del sindacato contro le presunte censure per non disturbare il manovratore, anzi la manovratrice. Sai che novità. Va così da sempre nella tv di Stato ma è evidente che ci sono censure e censure e governi e governi . Comunque sia la terza tappa del Giro, da Novara a Fossano, va in onda senza la voci di telecronaca, senza lo studio, i collegamenti con le moto, le interviste alla partenza, al traguardo, ai direttori tecnici sulle ammiraglie. Nulla di nulla e all’inizio fa un po’ strano poi però ci si abitua a far da sè. E così quello che di solito è uno sguardo un po’ distratto ad una corsa che, piano piano, prende i ritmi tranquilli della pianura si fa per forza di cose più attento senza il commento a dare indicazioni, a spiegare, a raccontare. Si tengono d’occhio i numeri, i chilometri, velocità, distacchi, si guardano le facce, si cerca di dare un nome ai volti di chi scatta e di chi si stacca…Ma ciò che colpisce sono i rumori. l motore dell’elicottero, il fruscio delle bici, gli applausi del pubblico, le voci del gruppo, quelle degli speaker al traguardo che provano a tradurre in immagini la corsa, che provano ad ingannare l’attesa. Il ciclismo è quasi sempre attesa. Si aspetta. Ci si piazza nel migliore dei posti possibili e con pazienza si aspetta: a bordo strada, al traguardo su una salita. Non servono le voci quando si aspetta perchè ognuno rincorre nella sua mente il ciclismo che sogna senza bisogno di didascalie. Ognuno immagina ciò che vuole mentre aspetta la corsa, le ammiraglie, le staffette, i cambio ruote e finalmente i ciclisti. Ti godi tutto in pochi secondi. E’ un attimo ma un’emozione infinita, esagerata senza il bisogno di esagerare. Il ciclismo è epico di suo, c’è quasi sempre poco da aggiungere. La telecronaca certamente aggiunge ma in una corsa non ci sono solo tempi, vittorie, nomi e cognomi spesso impronunciabili di campioni grandi, grandissimi, furbi o coraggiosi, di gregari generosi, di schiappe o carneadi. La telecronaca dev’essere un affascinante affabulare, deve saper raccontare ciò spesso non si vede ma soprattutto deve essere capace di raccontare la normalità perchè non sempre è tutto eccezionale, non sempre una fuga, uno sprint ma anche un gol, un dribbling sono formidabili, indimenticabili e roboanti. Non serve urlare o strapparsi le vesti per rendere grande ciò che grande sempre non è, non sono il volume o le abbuffate di aggettivi a dare nobiltà ai gesti. Anche perchè poi quando un’impresa diventa tale davvero poi non si trovano le parole… Anni fa, una rete inglese , aveva dato la possibilità ai telespettatori di godersi le partite della premier senza il commento del telecronista. Arrivavano solo gli effetti dello stadio, le urla dei giocatori in campo, dei tecnici in panchina e i fischi dell’arbitro. Proposta di un certo fascino che i 166 chilometri della tappa di oggi hanno per un paio d’ore fatto rivivere. In silenzio l’apnea degli ultimi dieci chilometri verso Fossano. In silenzio il gruppo che sgomita, sfreccia e accelera a sessanta, settanti ottanta all’ora. In silenzio Tadej Pogacar e Geraint Thomas che a due chilometri dal traguardo allungano. In silenzio la vittoria di Tim Merlier che la spunta su Jonathan Milan. Tutto in silenzio e “tutto molto bello” avrebbe detto qualche anno fa un maestro di telecronache. Domani il Giro ritrova le sue voci: giusto così.