Nova Eroica Gran Sasso, pedalando sul Tibet d’Italia
Nella piazzetta di Rocca Calascio, ad accogliere i 400 pedalatori di NovaEroica, c’è il sindaco Paolo Baldi con tanto di fascia tricolore che stringe le mani a tutti e che, per offrire il caffè caldo con qualche ferratella, ha mobilitato i suoi 150 suoi concittadini che hanno messo la Moka sulle stufe. E’ un segno di benvenuto, che ravviva il sabato di questo paesino del Gran Sasso dove si vive di agricoltura e di piccolo turismo, dove negli ultimi dieci anni sono nati tre bambini, dove le scuole stanno a una decina di chilometri verso la valle, dove la farmacia non c’è più e dove medico viene una volta a settimana. Va così da queste parti, anche se poi basta dare uno sguardo verso il cielo per scoprire, trecento metri più in su, il castello più famoso d’Abruzzo, quello che fa bella mostra di sè su tutte le cartoline e sui depliant, quello che ogni anno attira migliaia e migliaia di turisti, quello dove dal Nome della Rosa a Lady Hawke hanno girato film che hanno fatto la storia.
La terza edizione di NovaEroica Gran Sasso da Castel del Monte a Campo imperatore, da Barisciano a Santo Stefano di Sessanio mette insieme questo mondo qui, il Tibet d’Italia come lo aveva battezzato negli anni Trenta Fosco Maraini. Un posto dell’anima, rimasto com’era. Maestoso, intatto, silenzioso, imponente, senza vegetazione, un altopiano a quasi 1.700 metri che di perde a vista d’occhio per una ventina di chilometri con il Corno Grande sullo sfondo, la cima più alta degli Appennini. Senza costruzioni, con le sole baracche dei pastori che vendono i formaggi, con qualche fornacella accesa per gli arrosticini, con qualche chiosco che dà ristoro a chi arriva da queste parti, con l’osservatorio astronomico, con il malandato albergo rosso dove i carabinieri nel 1943 portarono il prigioniero Benito Mussolini poi liberato da un commando tedesco che atterrò a pochi metri dalla vetta e lo portò a Pratica di mare, con la cima Marco Pantani che nel 1999 vide il Pirata fece il vuoto nella tappa del Giro che partiva da Pescara. C’è un cartello ormai ricoperto di adesivi a ricordare quel ciclismo eroico, che poi è quello che omaggiano gli eroici arrivando fin quassù.
Ciclismo eroico e familiare, ciclismo senza tempo, senza contare i watt e forse neppure i chilometri. Che scorrono sotto i copertoncini da 40 delle gravel e scrocchiano sull’asfalto e sugli sterrati di percorsi da 130 a 40 chilometri che si intrecciano in una transumanza ciclistica che Marco Capoferri, che di questa NovaEroica è anima e cuore, ha messo insieme pensando un po’ a tutti, a chi vuole far tanta fatica, a chi non se la sente di osare fino in fondo a chi ha voglia di godersi questa meraviglia e guardarsi intorno. Con la passione e con la tenacia di chi ama questa terra, di chi è convinto che la bici e l’Eroica possano essere l’ occasione perfetta per riscattare un territorio, per farlo conoscere, per rilanciarlo e farlo apprezzare come già è avvenuto altrove, come si spera possa accadere anche qui. Strade bianche sulle tracce dei vecchi tratturi, le vie che percorrevano i pastori per spostare le greggi dalle montagne verso il mare, che sono un sogno lungo 64 chilometri che l’anno prossimo diventerà realtà grazie a un progetto già finanziato dalla Regione Abruzzo che tra la primavera e l’estate porterà ad un percorso permanente destinato ad allungarsi fino a 150 non appena sarà possibile.
E intanto si pedala nella meraviglia che c’è, sull’altopiano più vasto d’Italia, che sembra non finire mai, dove non c’è riparo, dove il vento sembra spingerti all’indietro, dove ti sembra essere sempre in sospeso in balia di una natura che speri ti resti amica. Si va cercando un posto dove arrivare, cercando un approdo o un ristoro, seguendo il profumo degli arrosticini o le note di una saltarella. Campo Imperatore è un luogo dell’anima ma c’è un prezzo da pagare perchè si sale e un bel po’ si soffre. Fatica chi ha la fortuna di poter “smanettare” sui cambi che danno un po’ di sollievo ai muscoli e fatica chi, come Gino l’eroico, sale con la sua bici storica a scatto fisso senza girare la ruota dove c’è un rapporto più agile e più adatto alle rampe. La sua è una sfida antica, con maglie di un tempo, bici di un tempo, baffi di un tempo ma sembra quasi un contrappasso che nella vita di tutti i giorni lo porta a muoversi su un’auto aziendale elettrica alla disperata ricerca delle colonnine di ricarica.
Dettagli che qui svaniscono tra spazi senza fine all’ombra del Grande Sasso che, come cantava Ivan Graziani, “parla con le stelle e conserva il suo mistero”. Fatica e sorrisi, luoghi dello spirito ma anche di memoria che tornano e riportano alla mente immagini e personaggi. Come nel Vallone della Macina, dove Bud Spencer e Terence Hill girarono «Lo chiamavano Trinità». C’erano una volta i fagioli e al ristoro ci sono ancora serviti con un zuppa di salsicce e un bicchiere di vino rosso per ricordare la mitica scena della mangiata con tanto di slitta, cavallo e pistolero. Succede solo qui, solo all’Eroica, solo in questo mondo di ciclisti che pedalano e fanno fatica come sempre in bici di fa, ma che però cercano (e trovano) anche altro. Molto altro: l’essenza di un modo di vivere semplice, lieve e appassionato, forse una via di fuga. Sicuramente il modo di star bene e divertirsi.
Un vaggio che dal Gran sasso o da Gaiole porta lontano, ultimamente anche a Cuba sulle tracce di chi in bici ha cominciato la sua rivoluzione, E la storica bicicletta di Che Guevara ( insieme a quella di Pier Paolo Pasolini) fa bella mostra di se nella piazza di Castel del Monte. Storia lunga che racconta la vita d’artista e di collezionista di Giancarlo Bucci da Alba Adriatica. La bici con motore Garelli con cui il Che cominciò il suo giro del Sudamerica prima di salire in sella alla sua Honda 750 “Poderosa” l’ha avuta come ricompensa da un commerciante di Rosario a cui aveva fatto vendere per migliaia di dollari alcune auto in Italia. Gliela mandò in Abruzzo senza forse ben sapere chi su quella bici aveva pedalato, poi Bucci ricostruì la storia e presto la regalerà alla vedova del medico cubano che la vuole riportare nel museo di famiglia.
Nova Eroica Gran Sasso è tutte queste cose insieme. Sfida epica e affascinante in un pezzo d’Abruzzo che colpisce al cuore per la sua bellezza, in una terra forte e cortese che non si smentisce e che sa essere accogliente senza troppe manfrine. Come dice il fondatore Giancarlo Brocci Nova Eroica è andata a cercarselo il Gran Sasso perchè Eroica è il ciclismo che fu e che sarà e va a cercarsi i posti che con il ciclismo hanno fatto la storia. Per difenderli, per farli conoscere per raccontare pedalando che aspettano solo di essere risvegliati.