08Giu 25
Rosin (Colnago): ” Facciamo solo bici d’alta gamma. Ma bene…”
«Sì, sono abbastanza ottimista. Mi pare che il peggio sia alle spalle e credo ora il mercato delle bicicletta possa solo crescere…». Nicola Rosin, 54 anni padovano, dal 2021, cioè da quando Aurora Vision Group di Abu Dhabi ha acquisito la Colnago, è consulente strategico Cycling del gruppo ma soprattutto amministratore delegato di una delle aziende più iconiche dell’industria ciclistica italiana, un pezzo di storia sportiva e industriale del nostro PaeseDopo la pandemia e mesi di inattività forzata il mercato delle biciclette ha vissuto un paio di stagioni di boom con la produzione che non riusciva a star dietro alla domanda, poi c’è stata una forte flessione. E ora?
«Ora siamo lentamente tornati ai dati pre-covid. Ad un mercato più stabile che dà segnali positivi…»
Quindi è tornato il sereno?
“Diciamo che per i prossimi due lustri le prospettive sono più che buone perchè la bicicletta è un mezzo che incarna alla perfezione le nuove linee culturali e le nuove tendenze che si ispirano al benessere, alla sostenibilità, alla mobilità dolce che sta conquistando le città. Però ci sono nuove dinamiche industriali che bisogna saper cogliere»
Ad esempio?
«Oggi nel mondo della bici si produce praticamente di tutto. Credo invece sia necessario concentrarsi su un nuovo paradigma produttivo più ispirato alle competenze che non alle logiche di prezzo e di consumo»
Che è poi la strategia di questi anni scelta da voi di Colnago…
«Abbiamo fatto una scelta precisa. Dopo la pandemia ci siamo trovati a confrontarci con gruppi che proponevano di tutto, dalle city bike alle bici elettriche, dalla moutainbike alle bici più economiche. Noi siamo subito andati in controtendenza e abbiamo deciso di produrre solo bici di alta gamma. In pratica abbiamo deciso di fare una cosa sola ma molto bene»
Però alle spalle avevate una storia industriale e un nome, quello di Ernesto Colnago, che vi ha fatto pedalare in discesa…
«Sì certo, abbiamo trovato terreno fertile. Ernesto Colnago è un’icona nazionale, un mito sportivo e di impresa. Noi stiamo cercando di dare continuità a settant’anni di storia con un’azienda che però oggi ha un management consolidato e che ragiona con nuove logiche di mercato».
E i numeri vi stanno dando ragione?
«In questi anni il nostro business è più che triplicato. Nel 2020 la Colnago fatturava 17 milioni di euro e nel 2024 è siamo arrivati a 61 milioni. Le previsioni per quest’anno ci dovrebbero portare a 70»
Una mano ve l’ha data anche Tadej Pogacar che con le vostre bici pedala e vince, anzi stravince…
«Quando siamo arrivati alla Colnago Tadej non era il campione che è oggi. In quell’anno vinse il suo primo Tour de France quasi a sorpresa battendo Primoz Roglic nell’ultima crono. Certo oggi per noi è importante, un testimonial perfetto. Diciamo che è un ingrediente della nostra strategia industriale».
É parte del vostro brand che ha nelle bici l’immagine più alta ma che in futuro potrebbe anche allargarsi ad altro?
«Il marchio Colnago oggi viene identificato con bici esclusive, oggetti del desiderio che racchiudono storia e alta tecnologia. Non siamo ancora un brand esclusivo ma stiamo studiando per diventarlo magari legandolo a sperimentazioni nel settore dell’abbigliamento e dei viaggi»
Su tutto c’è però la spada di Damocle dei dazi: vi preoccupano?
«Come tutti per ora viviamo l’attesa. Diciamo che dei dazi al 30% ci cambierebbero poco, perchè il nostro è un prodotto di lusso. Se dovessero essere invece al 145% sarebbe impossibile vendere».
