[photopress:alfa6_1.JPG,full,alignleft]Questo è il pezzo uscito oggi sul giornale.

Non te l’aspetti il Guardasigilli in calzoncini corti. Non te lo immagini però è disinvolto, sarà che ha fatto sport e sarà anche un po’ per quel suo nome da bambino che al Sud si dà ai più piccoli e poi ti resta addosso. Angelino Alfano si è messo a correre. Non lo insegue nessuno. Oggi non si parla né di lodi e sentenze della Corte né di indagini e di procure, questo è il patto per raccontarci cosa ci fa qui a Milano su una pista d’atletica. Stamattina si suda, sotto la cappa umida che opprime il Centro Sportivo XXV Aprile. Qui, su questo anello rosso, si sono allenati Alberto Cova e Francesco Panetta, una pioggia di medaglie quando gli azzurri dettavano legge nel fondo. Qui il ministro della Giustizia arriva di buon ora con l’immancabile scorta e con una tuta delle Fiamme azzurre, il gruppo sportivo della polizia penitenziaria: «Ho cominciato ad allenarmi e correrò la maratona di New York – annuncia -. Non quest’anno, perché non sono pronto, ma nel 2010 che tra l’altro coincide con il mio quarantesimo compleanno. È il regalo che mi farò». Ad attenderlo c’è Maurizio Lupi, il vicepresidente della Camera che le maratone le corre da anni e ha messo in piedi il Montecitorio running club, una specie di società podistica dei parlamentari che corre e fa solidarietà, quest’anno per i bimbi autistici dell’Abruzzo. Ma c’è anche il dottor Gabriele Rosa, il «mister» dei keniani che dalle Olimpiadi a New York a Boston ha vinto in pratica tutto ciò che si poteva vincere: è lui che lo prenderà per mano in questa avventura. «Maurizio mi ha fregato – sorride il ministro -. Mi aveva invitato a fare una corsetta, non mi aveva detto che…». Non gli aveva detto che per fare seriamente una maratona si parte da un test, lo stesso che fanno i campioni. E così si comincia a correre. Tecnicamente sono quattro fasi, «step» dicono gli allenatori: si controllano peso, altezza, percentuali di grasso, battiti del cuore a riposo e sotto sforzo e, ad intervalli, il medico fa un piccolo prelievo di sangue dal lobo di un orecchio per analizzare la percentuale di acido lattico: è il parametro che indica la fatica e fin dove si può arrivare. Bastano pochi minuti per capire che anche i ministri sudano. «È in forma – assicura Rosa – un metro e 84 centimetri per 74 chili, un buon rapporto che gli permetterebbe già ora, con qualche mese di preparazione, di affrontare una maratona in cinque ore. Ma credo che se segue un programma di allenamento può stare sulle tre ore e 40 minuti». Certo fa fatica ma non lo dà a vedere. «Ho ripreso a correre da poco – racconta con un po’ di fiatone – Mi sono deciso perché in questi pochi mesi da ministro ero ingrassato di sette chili. Così ho deciso di intervenire e infatti ora li ho persi». Ma ha il passo sciolto si vede che è abituato fare sport: il basket a buoni livelli e nel 1985 anche le finali nazionali di salto in alto ai giochi della Gioventù. «Ora mi alleno solo in palestra – spiega un po’ rassegnato -. È una questione di tempi, ma anche di sicurezza…». Già perché, anche se i calzoncini corti un po’ ingannano, resta pur sempre il Guardasigilli. Ci vuol poco a capirlo. Basta dare un’occhiata ai quattro poliziotti che discretamente tengono sotto controllo la pista del XXV aprile e vedere le loro facce interrogative quando il ministro decide con Lupi di uscire in strada e avventurarsi sulle salitelle dell’unica Montagnetta che c’è a Milano. Una ventina di minuti che sembrano un’eternità. Con un agente che sale sulla gradinata e lo segue dall’alto con lo sguardo, un altro che prova ad andargli dietro in auto, gli altri due che parlottano via radio. Poi finalmente il ministro riappare. E tutti tirano un sospiro di sollievo. Il maratoneta Alfano è promosso. Merita una lode, anzi un lodo. E scusate la battutaccia.

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